Stemma

Lo stemma senza violare troppo i principi araldici, cerca soprattutto di illustrare la scena di Mt 28,5-7

L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”.

I discepoli si incamminano, oltrepassano la croce verso le colline della Galilea, e la stella del mattino indica loro la strada.

Come in ogni immagine c’è però molto di più di ciò che appare. Quella croce, oltrepassata ma ancora visibile, è la presenza della croce nella nostra vita. Non c’è vita cristiana senza croce, ma la croce non sbarra il cammino di chi ha fede, perché il Signore è Risorto, per questo la croce brilla della stessa luce della stella. Le tre colline simboleggiano Citerna, il colle della mia infanzia, quello di Macerata, che sarà la mia nuova terra, e quello di Nazareth in Galilea, di cui porto il nome. Perchè la nostra fede non deve mai dimenticare la testimonianza di chi ci ha preceduto, e si radica nella concretezza di una terra con i suoi colori, i suoi profumi, il suo popolo.

La stella del mattino è Maria, stella del mattino e stella del mare, e Macerata è la “Civitas Mariae”!  Lei ci indica sempre la via per seguire il Signore.

E’ rappresentata da una stella a sette punte, perchè prepara la venuta dell’ottavo giorno, quello della resurrezione e della salvezza.

E’ anche simbolo della Parola di Dio: luce ai nostri passi e dei sette doni dello Spirito Santo.

Tutta l’immagine corrisponde così anche ad uno sguardo volto da Città di Castello verso la terra di Macerata, posta oltre i monti dell’appennino, contornata dall’azzurro unito del cielo e del mare.

Infine la Galilea rappresenta nel vangelo quelle periferie da cui pensiamo, sbagliando, che non può mai venire nulla di buono. Non dobbiamo compiere l’errore di Natanaele che dicendo: “cosa vuoi che venga di buono da Nazareth” (Gv 1,46) rischiava di non riconoscere la salvezza, che con Gesù di Nazareth gli veniva incontro. Lo stemma, che non è un’arma, ma la lavagna del Maestro, ci invita ad andare con coraggio verso le periferie del mondo e le periferie esistenziali. “Non abbiate paura!”, diceva S. Giovanni Paolo II il cui stemma è evocato nella forma della croce:  il Signore risorto “vi precede in Galilea! là lo vedrete”. Nella forma dei tre monti è poi evocato lo stemma di Paolo VI papa Montini, che si impegnò con tutto sé stesso per la realizzazione del Concilio.

Il motto è tratto dal 1 libro dei Re 3,9:  “Dabis servo tuo cor docile”, Concederai al tuo servo un cuore docile. E’ tratto dalla preghiera del giovane Salomone a Gabaon. Il nuovo re, dovendo iniziare a governare il popolo di Dio, chiede un cuore saggio come dono più urgente e prezioso. In ebraico è “un cuore in ascolto”, un cuore che si mette in ascolto, intendendo: in ascolto obbediente e contemporaneo sia di Dio che del suo popolo. E’ l’atteggiamento con cui il Vescovo si presenta al suo popolo, ma anche il progetto pastorale che vuol attuare: aiutare tutti a crescere nella capacità di porsi in ascolto obbediente di Dio ed in ascolto amichevole e compassionevole de: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS 1,1).

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