Omelia Santa Messa Crismale

Il mistero ed il ministero del servizio sacerdotale

28-03-2024

Carissimi fratelli e soprattutto voi carissimi confratelli nel presbiterato,

la celebrazione odierna mette al centro in modo speciale la nostra identità di presbiteri e sacerdoti del culto cattolico. Lo fa invitandoci, con una formula riassuntiva, a rinnovare gli impegni assunti il giorno della nostra ordinazione sacerdotale. Vorrei invece iniziare quest’anno a rileggere con voi le formule complete, quelle usate nell’ordinazione sacerdotale, che tratteggiano, nel mutare dei tempi e delle situazioni, ciò che non muta del nostro essere preti cattolici.

La prima domanda rivoltaci dal vescovo è stata:

Vuoi esercitare per tutta la vita
il ministero sacerdotale nel grado di presbitero,
come fedele cooperatore dell’ordine dei vescovi
nel servizio del popolo di Dio,
sotto la guida dello Spirito Santo?

Per tutta la vita

Questa domanda è prima di tutto una bella promessa divina. Se Dio ci chiede di restare suoi ministri per tutta la vita, possiamo essere certi che da parte Sua, poiché è un Dio misericordioso e grande nell’amore, non mancheranno mai le grazie ordinarie e straordinarie perché questo sia possibile. Come per il matrimonio, una promessa di amore eterno non è possibile per gli uomini senza l’aiuto divino, così Dio questo aiuto lo promette ad ogni sacerdote, se ci impegniamo ad accoglierlo con tutto il cuore, per essere fedeli per sempre. Dobbiamo essere così umili da credere a questa grazia di Dio, che opera in noi anche oltre le nostre forze. È da questa santa umiltà che nasce la convinzione nei momenti di debolezza, di non stupirci né spaventarci delle nostre fragilità, ma credere fermamente con l’Apostolo che “tutto posso, in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). Chi cade, se è superbo, pensa che ciò è stato possibile perché non era questa la sua strada. Se è umile, invece, riconosce che nonostante la fedeltà di Dio anche noi come Pietro possiamo allontanarci da Gesù, dimenticare le Sue parole, addormentarci nel peccato finché il canto del gallo non ci risvegli ed impariamo a piangere e domandare umilmente il perdono. Fidiamoci di Dio che ci sostiene! Ogni giorno chiediamo il Suo aiuto ed il Suo perdono.

Prima di tutto Sacerdoti

La nostra prima chiamata è a servire, ad esercitare il ministero sacerdotale. Prima che come evangelizzatori, e come guide della comunità credente, tutti impegni in cui la nostra persona, la nostra creatività, i nostri doni umani ci pongono in qualche modo davanti agli altri, siamo chiamati a servire come sacerdoti. La Lettera agli Ebrei, parlando del sacerdozio dell’antico testamento, immagine e profezia di quello della nuova alleanza, dice: “Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per sé stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo” (Eb 5,1). Questo servizio di preghiera, di invocazione a Dio, di intercessione per dei fratelli rivestiti di debolezza come noi, deve essere sempre primario nel nostro agire, ma anche nella giusta comprensione della nostra identità. Quanto è lontana questa luminosa immagine biblica dal pensarci detentori di un potere spirituale che ci metta su un piedistallo, separati dagli altri e quasi capaci di imporci anche su Dio. Proprio questo salire e rimanere sul piedistallo del potere sacrale è quella malattia dell’anima sacerdotale che papa Francesco chiama: il clericalismo.

Fedeli cooperatori dell’ordine dei vescovi

In questo servizio sacerdotale saremo ulteriormente protetti dalla tentazione del clericalismo se rifletteremo sulle parole che seguono: nel grado di presbitero, come fedele cooperatore dell’ordine dei vescovi. Il Signore ci protegge dalla tentazione del clericalismo, invitandoci tutti vescovi e presbiteri a scendere di un gradino davanti all’altare, perché siamo costituiti fedeli cooperatori e non detentori del potere sacerdotale. Quanto sarebbe triste una Chiesa nella quale, vescovi e presbiteri, si sentissero concorrenti nell’esercizio di un potere sul popolo di Dio, invece che cooperatori in un servizio per la salvezza di tutti. C’è già una profezia sinodale in questo bel testo liturgico, che parla di un presbitero cooperatore dell’ordine dei vescovi e non semplicemente cooperatore del suo vescovo. Non si tratta certo di sminuire la paternità spirituale che lega un vescovo con i suoi preti, indebolendola in una relazione impersonale con un ordine generico e plurale. Ma la liturgia vuol ricordare anche al vescovo che: il servizio sacerdotale è una realtà così grande che solo nella comunione, nella sinodalità tra tutti i presbiteri e tutti i vescovi dalla Chiesa, può sperare di essere efficacemente rappresentata, nonostante le fragilità dei singoli. Se la Chiesa è santa nella sua globalità, che supera il peccato dei singoli che la compongono, ancora di più il servizio sacerdotale può essere santo, solo oltre la fragilità ed il peccato di noi singoli vescovi e presbiteri. La sinodalità è la sola via della santità del ministero.

Questo diventa chiaro quando riflettiamo che: salendo l’altare come membri del presbiterio universale e collaboratori dell’ordine dei vescovi, celebriamo in unione con tutti i vescovi e i presbiteri santi che ci hanno preceduto e sono viventi in Dio, per questo partecipiamo della loro santità e siamo sostenuti dalla loro preghiera. Come ripete saggiamente la conclusione di molti Prefazi: uniti agli angeli e ai santi, cantiamo senza fine l’inno della tua gloria.

Celebrando i Santi Misteri  

Troppo spesso l’abitudine a celebrare i santi misteri ci fa dimenticare che i santi misteri non sono atti nostri, ma azione di Dio attraverso di noi, realtà davvero sante e che ci superano nella immensità del mistero di Dio.

Questo è il grande e primo servizio al popolo di Dio che siamo chiamati a vivere. Il secolarismo che sta raggiungendo sempre di più le menti ed i cuori anche di tanti cristiani, fa comprendere sempre meno l’importanza del ministero sacerdotale. Le persone ci stimano nel nostro compito di consiglieri saggi, di ascoltatori pazienti delle loro pene. Vengono considerati ed esaltati i preti nella loro opera di carità e di impegno sociale, come nell’attività di accoglienza e formazione di bambini, ragazzi e giovani. Invece il nostro servizio sacerdotale, di preghiera e santificazione del mondo attraverso la celebrazione liturgica, resta sempre più sullo sfondo, quasi fosse una cosa che interessa più a noi che al mondo. Questo pensiero mondano potrebbe contagiarci e spingerci a dimenticare che: prima di tutto “a questo siate stati chiamati, la vostra santificazione” (1Tes 4,3).

Riscoprire la centralità del cammino di santificazione in un mondo tanto terreno e così povero di prospettiva soprannaturale non è certo una missione facile, per questo il testo liturgico di questo primo impegno sacerdotale si chiude con l’indicazione che la strada giusta si può trovarla solo: sotto la guida dello Spirito Santo”.

Guidati dallo Spirito Santo

Carissimi, in questo tempo di Chiesa, segnato da grandi cambiamenti, con costanti tentazioni di cedere: ad indietrismi lontani dalla vita del popolo di Dio o all’opposto subendo il fascino di fughe in avanti che rincorrano il mondo invece di convertirlo, è bene tornare a credere nella guida dello Spirito Santo. Non si tratta di un facile alibi, che scarica sul Signore la responsabilità di discernere ciò che è buono. Lo Spirito Santo, infatti, ci guida anche attraverso le mozioni interiori della coscienza di ciascuno. Ma prima di tutto lo fa attraverso la Parola ispirata, con gli insegnamenti del Magistero che lo stesso Spirito illumina e guida ed infine con il sensus fidei del Santo Popolo di Dio, che il Sinodo in corso ci invita a riscoprire e valorizzare. Quel popolo che dobbiamo certo servire e formare, ma da cui anche ognuno di noi viene formato, giorno per giorno.

Abbiate sempre santo rispetto della fede umile dei semplici, soprattutto quando con la forza di questa loro fede mostrano di saper portare croci molto pesanti. Come ha insegnato Papa Francesco in una bella omelia mattutina del settembre 2014: “il vero cristiano è sempre un Cireneo, si appartiene a Gesù se si regge con Lui il peso della Croce”.

Cooperatori responsabili

In tutto ciò il nostro lavoro, di vescovi e presbiteri non va pensato più nella logica di un potere che da ordini e si aspetta immediata e passiva esecuzione. La formula fedeli cooperatori chiama tutti ad una corresponsabilità che prima di tutto deve essere: una ricerca fatta assieme di quale sia la via di Dio per l’umanità di oggi. La prima fedeltà che vi è richiesta non è tanto legata ad eseguire ordini, ma a portare insieme, con identica passione evangelica, la faticosa responsabilità di discernere: ciò che oggi lo Spirito dice alle Chiese. Nessuno può rinnovare oggi questo impegno assunto il giorno dalla sua ordinazione progettando di sedersi da parte, in attesa che altri conducano il cammino di Chiesa che abbiamo da compiere. Se mai in passato questo può essere avvenuto, oggi il Signore ci chiama, ne sono certo, ad un cammino che solo insieme può essere percorso. La parola Sinodo non è una etichetta comoda da appiccicare su vecchie abitudini per mantenerle inalterate, ma un invito impegnativo ad una conversione che tutti dobbiamo vivere.

Questo primo impegno sacerdotale che abbiamo promesso il giorno della nostra ordinazione e che vogliamo rinnovare in questa celebrazione, sia il primo fondamento della nostra identità di sacerdoti per il Regno di Dio.

Che Maria Santissima, la Mater Misericordiae nostra patrona, vi sostenga e vi benedica sempre.

 

 

X Nazzareno Marconi

Vescovo di Macerata

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