Sommario
Data | Evento |
18 Novembre 1320 | Eretta la Diocesi di Macerata |
10 Dicembre 1586 | Unite le Diocesi di Macerata – Tolentino |
25 Gennaio 1985 | Unite le Diocesi di Macerata – Tolentino – Recanati – Cingoli – Treia |
La Diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia conta 138.940 abitanti e comprende 13 comuni tutti della provincia di Macerata: Appignano, Colmurano, Cingoli, Macerata, Montecassiano, Montefano, Montelupone, Pollenza, Porto Recanati, Recanati, Tolentino, Treia, Urbisaglia. L’attuale diocesi, unificata con il decreto della Congregazione dei Vescovi del 30 settembre 1986, è il risultato dell’unione di cinque diocesi precedentemente autonome che hanno avuto una determinata serie di vescovi e una storia religiosa e civile propria. La ricostruzione storica di una diocesi così molteplice impone di seguire cronologicamente l’implantatio evangelica e l’aedificatio ecclesiae nelle varie comunità di tutto il nostro attuale territorio diocesano. Nel secolo III il Piceno conosce certamente il cristianesimo, portatogli da Roma e dall’Oriente. Nella seconda metà del V secolo, restando nell’ambito dei 13 comuni dell’attuale diocesi unificata, sono sicure sedi vescovili: Cin goli, Potentia (da cui dipende il territorio della futura Recanati e Porto Recanati), Pausula, Urbisaglia, Tolentino, Camerino, Fermo e, verosimilmente, Treia. Un vero “terremoto” provocò l’invasione dei Longobardi (571): molti vescovi fuggirono in altre città, alcune diocesi scomparvero per sempre, altre si ricostruirono dopo molti anni. Nel nostro territorio scomparvero quelle di Cingoli, Tolentino, Urbisaglia, Potentia, Treia e per qualche tempo Osimo. Fermo che aveva subito immense rovine con i Longobardi, neppure un secolo dopo incorporava le diocesi di Pausula , Urbisaglia, Potentia e altre dell’attuale provincia di Ascoli Piceno. Nei secoli IX-XIV nel nostro territorio diocesano esistono due grandi circoscrizioni ecclesiastiche: Camerino e Fermo; tre circoscrizioni minori: Numana, Osimo e Recanati, la quale ultima è costituita sede vescovile nel 1240 con la bolla Rectae considerationis e con l’erezione a cattedrale della chiesa di San Flaviano, per soppressione momentanea (1240- 1264) della sede di Osimo, che aveva aderito all’imperatore costringendo alla fuga il vescovo locale Rinaldo.
Diocesi di Recanati
Varia fu la storia della DIOCESI DI RECANATI . Alleatasi con re Manfredi, dal 1263 fino al 1289 fu privata della sede vescovile e sottoposta a Numana; tornata sede vescovile nel 1289, i ghibellini nel 1320 costrinsero il vescovo Federico Nicolò Di Giovanni a rifugiarsi a Macerata, che fu così elevata a città e diocesi dal papa Giovanni XXII. Restituita a Recanati la sede vescovile con il vescovo Nicolò di S. Martino nel 1357, da allora fino al 1586 il suo era denominato “vescovo di Recanati e Macerata”. Con la riforma delle diocesi operata da Sisto V nel 1586, Recanati fu annessa a Loreto fino al 1592, quando riottenuta la sede vescovile, i suoi ordinari furono indicati sempre come vescovi di Recanati e Loreto fino al 1934, anno in cui Loreto fu creata amministrazione apostolica, restando così Recanati sola e continuando ad avere i comuni di Porto Recanati, Castelfidardo, Montecassiano, Montelupone e vescovi propri fino al 1968, quando fu retta, in qualità di amministratori apostolici (1970-1976), dai vescovi di Macerata Tonini (ordinario) e Cecchi (amministratore apostolico) e successivamente da Mons. Carboni come vescovo ordinario unico di tutte e cinque le diocesi ancora autonome (1976- 1986). Nella sua storia secolare Recanati ha avuto 52 vescovi residenziali: 7 di Recanati, 21 di Recanati e Macerata, 24 di Recanati e Loreto. Sul piano religioso e civile sono da ricordare due fatti importanti: la “venuta”, secondo la tradizione, della S. Casa di Loreto nel 1294; l’episcopato di Angelo Correr, che, eletto papa a Roma nel 1406, rinunciò al pontificato per contribuire alla soluzione dello scisma d’Occidente, riservandosi l’amministrazione della diocesi di Recanati e Macerata; morto a Recanati nel 1417, è sepolto nella attuale concattedrale di S. Flaviano. Le chiese degne di essere ricordate entro le mura urbane sono: S. Flaviano (vescovo dì Costantinopoli, martire, protettore della diocesi [festa il 24 novembre], costruita nell’alto medioevo, originariamente pieve, poi cattedrale; S. Vito [comprotettore di Recanati, la cui festa cade il 15 giugno], pieve medievale, la officiarono successivamente i Carmelitani (1458-1524), i Gesuiti (1577-1773) con annesso collegio; S. Maria in Montemorello, antica pieve e collegiata; S. Domenico, costruita dai Domenicani alla fine del ‘200, dove si venera il simulacro della Madonna del Rosario (o della vittoria ottenuta dai cristiani nel 1571 a Lepanto), per la quale Lorenzo Lotto dipinse il celebre polittico e l’immagine di S. Vincenzo Ferreri; S. Agostino edificata dagli Agostiniani ai primi del trecento e lasciata nel 1986; S. Filippo, costruita dai padri Filippini con annesso oratorio nella 2° metà del ‘600. In periferia S. Maria in Castelnuovo, officiata in origine dai Camaldolesi di Fonte Avellana e successivamente affidata al preposto di Castelnuovo; S. Francesco costruita dai francescani Conventuali con annesso convento, vivente ancora il santo; chiesa di Chiarino, già dei frati Clareni, con annesso il loro convento; nel comune di Montelupone è l’abbazia di S. Firmano, anteriore al sec. X. Degli antichi Ordini religiosi (Agostiniani, Domenicani, Conventuali, Carmelitani, Gesuiti Filippini; Apostolini dell’eremita beato Placido [morto in venerazione nel 1473], presenti tra il 1400 e il 1643, soppressi dal papa Urbano VIII, la cui chiesa e annesso convento, rilevati dai Filippini (1877), dove istituirono l’Oratorio per i giovani, furono gestiti poi dalle Figlie della Divina Provvidenza, partite le quali, il complesso è passato alla diocesi) sono presenti i francescani Cappuccini e i più recenti PP. Passionisti che nel 1783 costruirono il loro Ritiro (dove fu superiore per un certo tempo S. Vincenzo Maria Strambi e vi soggiornò anche S. Gabriele dell’Addolorata) sul colle vicino alla chiesa dell’Addolorata costruita nel 1496. Le Comunità religiose femminili presenti sono tutte più recenti. La vicaria di Recanati, dopo il riordino e l’unificazione delle antiche diocesi, comprende 5 comuni (Montecassiano, Montefano [già appartenente ad Osimo], Montelupone, Porto Recanati, Recanati) ed è suddivisa in tre zone pastorali, per un totale di 18 parrocchie. Seguendo l’ordine cronologico dopo il sec. XIII, MACERATA fu la seconda – tra le cinque diocesi ora unificate – ad essere creata diocesi con la bolla Sicut ex debito di Giovanni XXII data in Avignone il 18 novembre 1320, in cui la città – già libero comune dal 29 agosto del 1138 affrancatosi dai vescovi di Fermo – è definita insignis, populosa et apta e i Maceratesi riconosciuti ecclesiae devoti filii et fideles . La diocesi — sorta, come si è detto, a spese di quella di Recanati ghibellina – si estendeva all’inizio fino al mare e comprendeva con Recanati anche il territorio di Loreto. Macerata intanto aveva incominciato ad acquistare un’importanza sempre maggiore, in quanto agli inizi del XIV sec. veniva scelta come sede preferita dai Rettori e dai Vicari della Marca, ebbe la Tesoreria, la Curia Generale, e il privilegio di battere moneta fin dal 1392 e molto presto vi si istituì uno Studio di giurisprudenza (1290) per opera di Giulioso di Montegranaro. Restituita la diocesi a Recanati dal papa Innocenzo VI nel 1357, ad essa fu unita quella di Macerata e il vescovo da allora fino al 1586 fu chiamato “vescovo di Recanati e Macerata”. Non ebbe risultato positivo – per le forti opposizioni dei vescovi di Camerino e di Fermo – il proposito di Urbano V (1370) di allargare i confini della diocesi di Recanati e Macerata, annettendo ad esse i comuni di Treia, Montemilone (Pollenza), Montecassiano, Montolmo (Corridonia), Monte Santo (Potenza Picena), Montelupone, Civitanova e altri minori. Il papa marchigiano Sisto V il 17 marzo 1586 separò definitivamente la diocesi di Macerata da quella di Recanati e con la bolla Super universas del 10 settembre dello stesso anno unì ad essa la restituita diocesi di Tolentino con la clausola che” il vescovo di Macerata sia il vescovo di ambedue le diocesi e sebbene si chiami vescovo di Macerata, tuttavia nelle lettere e negli atti riguardanti la città e la diocesi di Tolentino debba ordinariamente sottoscriversi: vescovo di Macerata e Tolentino”. Giuridicamente le due erano diocesi autonome, unite aeque principaliter ad personam unius episcopi e tali resteranno fino alla piena unione del 30 settembre 1986, usufruendo di uniformità nella guida pastorale ad opera dello stesso vescovo e vivendo un buon clima di collaborazione e una certa affinità di storia religiosa.
Diocesi di Tolentino
Prima di questa data TOLENTINO ebbe una lunga e significativa vicenda civile-religiosa. Colonia e poi municipio romano, Tolentino (forse dall’etrusco Tul , confine) ricevette il cristianesimo in data molto antica, ancor prima che vi arrivasse nella 2° metà del IV secolo Flavio Giulio Catervo, battezzato e cresimato dal vescovo Probiano e che qui quievit in pace e fu sepolto, insieme alla moglie Settimia Severina e al figlio Basso nel sarcofago della fine del IV secolo collocato, fino al 1820, in un solenne Pantheum cum tricoro, di cui recentemente sono stati riportati alla luce i resti. Venerato come martire e scelto come protettore anche dal libero comune (formatosi nel 1099), presso il suo mausoleo nei secoli VII-VIII si ebbe un insediamento benedettino (cella Sanctae Mariae, Sancti Catervi, Sancti Salvatoris) con chiesa, ricostruita nel 1256 in stile romanico e rima-sta in piedi fino al 1820, rinnovata in stile neoclassico e terza sede di cattedrale (attuale concattedrale di S. Catervo), officiata, dopo la partenza dei Benedettini, dai Canonici Regolari Lateranensi (1509-1810) cui subentrò il clero secolare. Con l’invasione dei Longobardi anche Tolentino restò privata della sede vescovile (dopo Probiano è ricordato il vescovo Basilio che partecipò ai concili romani del 487, 489, 502) e passò sotto la giurisdizione della diocesi di Camerino che ne riorganizzò la vita pastorale, istituendovi nell’alto medioevo la pieve di S. Andrea, nel contado meridionale, e la pieve di S. Maria nel centro urbano, chiesa matrice, con altre chiese soggette, unica ad avere la cura animarum , retta da un collegio di canonici (collegiata) a capo dei quali era l’arciprete. Elevata a cattedrale da Sisto V, tale restò fino al 1653, quando la cattedrale passò in S. Francesco (fino al 1810), lasciata dai francescani Conventuali che l’avevano costruita nel 1250. Ricostruita ex novo (nel 1746) a pianta centrale, la chiesa di S. Maria Nuova (come da allora fu chiamata e dove si incominciò a venerare la trecentesca statua della Vergine col Bambino sotto il titolo di “Madonna della Tempesta”), divenne tempio mariano della città, successivamente parrocchia (1926-1966), e in seguito tempio ed ora (dal 1 settembre 2002) santuario mariano. Fin dal 1200 numerosa e significativa a Tolentino fu la presenza degli Ordini religiosi sorti nel medioevo. Un gruppo di eremiti agostiniani dalla campagna a sud di Tolentino verso il 1250 entrarono in città nella chiesa di S: Agostino (chiamata dal 1456 di S. Nicola dal nome del santo che qui santamente visse e morì); ampliata e arricchita di pregevoli opere d’arte dal 1300 al 1700, circa, nonostante le soppressioni degli Ordini religiosi da parte di Napoleone e dello Stato italiano, sopravvisse con il suo convento ed elevata a santuario-basilica divenne sempre più un grande centro di spiritualità, arte, cultura fino ad oggi. Nella campagna di Rosolano si insediò il primo gruppo di francescani. Conventuali, che poi trasferitisi in città, costruirono la chiesa di S. Francesco con annesso convento. I Clareni dal 1370 vissero in un romitorio nella boscaglia ad ovest di Tolentino presso la chiesa di S. Maria del Cesolone, dove poi si insediarono i Minori Osservanti (dedicando la chiesa al santo francescano Diego d’Alcalá), per passare nel 1607 in città nella chiesa di S. Maria di Loreto che ricostruirono insieme al convento. Per la legge del regio commissario Valerio il tutto fu requisito dallo stato italiano nel 1866 e trasformato in ospedale. I Cappuccini insediatisi dapprima in campagna entrarono in S. Maria Costantinopolitana ove restarono fino alla soppressione statale del 1866. Creata parrocchia con il titolo di “SS. Crocifisso”, la loro chiesa fu officiata prima dal clero secolare, poi affidata ai padri salesiani che vi crearono l’oratorio, per tornare al clero secolare da cui ora è retta. Altri Ordini minori furono presenti (Terzordine francescano, Girolamini, Silvestrini) e monasteri femminili: di S. Agnese (con regola francescana), di S. Maria della Misericordia (con regola benedettina), delle Cistercensi. Ora resta solo il monastero delle Carmelitane (dal 1779). Nella relatìo ad limina del 1609 il neo vescovo Morone elenca tre chiese con cura animarum: la cattedrale di S. Maria, la collegiata di S. Giacomo, la chiesa di S. Catervo. Due erano le chiese extraurbane con cura animarum: la pieve di S. Andrea e di S. Maria Maddalena di Paterno. In Colmurano, soggetta giuridicamente alla diocesi di Tolentino, esistevano due chiese parrocchiali: S. Donato, S. Maria Annunziata. Nel 1653 fu aperto il seminario che, trasferito poi in un edificio annesso a S. Catervo, restò aperto, salvo brevi interruzioni, fino al 1975. Degli antichi Ordini religiosi (Benedettini, Francescani: Conventuali, Minori, Terzordine regolare, Cappuccini; Silvestrini, Girolamini) trasferitisi o soppressi dal nuovo stato italiano, restano solo gli Agostiniani. Tolentino è ricordata nella storia per il trattato di pace tra Napoleone e i legati del papa Pio VI (17 febbraio 1797). I santi protettori della diocesi e città di Tolentino sono: S. Catervo martire (17 ottobre), S. Nicola da Tolentino (10 settembre); S. Tommaso da Tolentino, francescano conventuale, martire in India nel 1321 (24 ottobre); S. Donato vescovo e martire del IV secolo patrono di Colmurano (7 agosto); la “Madonna della Tempesta” (17 maggio). Dopo la riorganizzazione del 1986, la vicaria di Tolentino comprende 8 parrocchie (Colmurano fa parte della vicaria di Macerata).
Diocesi di Macerata
Ritornando alla diocesi di MACERATA che con Tolentino ha avuto legami più stretti per 400 anni, c’è da ricordare che ad essa – limitata territorialmente alla città e al piccolo contado all’intorno – solo nel 1588 furono assegnati i comuni di Pollenza e di Urbisaglia (già sotto giurisdizione camerte) sempre dallo stesso Sisto V, il quale il 24 maggio del 1586, innalzata a metropolitana la sede vescovile di Fermo, ad essa aggregò come suffraganee Macerata, Tolentino, Ripatransone, Montalto e S. Severino. Per compensare i Maceratesi della perduta dipendenza dalla S. Sede, il pontefice marchigiano istituì in quello stesso anno a Macerata il tribunale della S. Rota, a cui sottopose lo stesso arcivescovo di Fermo. Dall’inizio fino ad oggi la diocesi di Macerata ha avuto 48 vescovi, di cui tre della sola diocesi di Macerata, 19 di Recanati e Macerata, 26 di Macerata e Tolentino. Tra di essi si venerano un beato (beato Pietro Mulucci, dell’Ordine francescano) e un santo (S. Vincenzo Maria Strambi, la cui memoria ricorre il 25 settembre). I santi protettori sono S. Giuliano (31 agosto) e la Madonna della Misericordia (1 settembre), alla quale è dedicato il piccolo santuario diocesano adiacente alla cattedrale, ricco di opere d’arte (a cominciare dalla preziosa tela cinquecentesca della Mater Misericordiae , di ignoto), gioiello d’arte vanvitelliana, centro vivo, oltre che di fede e devozione, di memorie antiche e recenti, che fanno tutt’uno con la storia civile e religiosa della diocesi e della città. Altre chiese da segnalare sono la cattedrale, dedicata al patrono S. Giuliano, sorta nel IX sec. (?) come pieve sul podium Sancii Juliani , ricostruita nel 1422, di cui resta la torre, e nel 1771, l’attuale che conserva tra le altre cose pregevoli, l’urna d’argento con il braccio di S. Giuliano e il Corporale macchiato del Sangue miracolosamente sgorgato da un’ostia consacrata. In città sono degne di nota: la chiesa inferiore dell’attuale S. Maria della Porta, esistente fin dal IX secolo e dedicata a Maria Assunta, formata da due navate, divisa da tre colonne in laterizio; su quella primitiva fu costruita un’altra nuova chiesa verso la metà del trecento, con lo splendido portale in cotto; la chiesa di S. Giorgio, esistente già nel trecento, dove si venera l’immagine della Madonna della Salute, attribuita al Sassoferrato; la chiesa di S. Giovanni, costruita nel 1625 e officiata fino al 1773 dai Gesuiti che avevano attiguo il collegio ora biblioteca comunale; S. Filippo, costruita dai Padri Filippini nel 1624 e ampliata più volte e arricchita di ornamenti e opere d’arte secondo lo stile dell’Ordine. Nei dintorni, della metà del 1500 è la monumentale chiesa a croce greca di S. Maria delle Vergini, ricca d’opere d’arte e di decorazioni, tra cui spicca l’Adorazione dei Magi del Tintoretto. Nel comune di Pollenza si trova l’Abbazia di Rambona dell’VIII secolo; nel comune di Tolentino è l’Abbazia di Fiastra dedicata alla Vergine Annunziata, costruita nel 1142 dai monaci Cistercensi, che dopo lunga assenza vi sono tornati nel 1985. Tra le figure più illustri della storia e della diocesi maceratese è da ricordare il missionario gesuita p. Matteo Ricci che per primo portò il cristianesimo e la cultura occidentale in Cina, dove morì 1’11 maggio 1610, la cui tomba tuttora si conserva con stima e rispetto a Pechino. Numerosi furono gli Ordini religiosi che in vari momenti si insediarono a Macerata: Agostiniani eremitani, Scalzi, della Congregazione lombarda; Barnabiti, Benedettini, Camaldolesi; Cistercensi; Somaschi, Gesuiti, Domenicani; Francescani: Conventuali, Minori Osservanti, Cappuccini, Filippini, Signori della Missione: alcuni se ne andarono da soli, altri furono soppressi dalle leggi eversive napoleoniche o dello stato italiano e i loro beni e conventi incamerati (Domenicani, Minori Osservanti, Conventuali, Cappuccini, Agostiniani di Lombardia, Barnabiti, Signori della Missione, Monastero delle Clarisse). I Cappuccini sono tornati nel 1890, i Minori nel 1957. Nella vicaria di Macerata sono presenti attualmente due monasteri femminili: delle Domenicane del “Corpus Domini” (a Macerata), delle Clarisse (Pollenza); inoltre cinque comunità religiose femminili di più recente istituzione. Il Seminario, aperto nel 1615, ebbe varie sedi, le cui ultime due furono: l’ex convento degli Agostiniani nell’attuale piazza Strambi (ora sede universitaria) e in via Cincinelli, 4 dal 1954. Degni di ricordo sono due eventi storici: la proclamazione di Macerata Civitas Mariae avvenuta per volontà del popolo nel 1952; la visita del papa Giovanni Paolo II il 19 giugno del 1993, quando benedisse la prima pietra del seminario diocesano missionario Redemptoris Mater ora attivo e operante. Attualmente la vicaria di Macerata comprende 4 zone pastorali per un totale di 25 parrocchie.
Diocesi di Cingoli
CINGOLI, città romana, ampliata e fortificata da Tito Labieno luogotenente di Cesare, ebbe sicuramente fin dai primi secoli il cristianesimo: la storia ci ha conservato i nomi dei vescovi Teodosio, Esuperanzio (V sec), Pomario e Giuliano (VI sec.). Con l’invasione dei Longobardi perde anch’essa la sede vescovile e il suo territorio finisce sotto la superstite diocesi di Osimo fino al 1725. Nell’alto medioevo presso le mura della rocca romana fu edificata la pieve di S. Maria, su cui più tardi fu costruita la chiesa di S. Maria Assunta, che fungeva praticamente da cattedrale e che nel sec. XVII fu ceduta alla Congregazione dei Filippini (e chiamata tuttora S. Filippo), quando il popolo e il Comune (che ne è proprietario) fecero ricostruire la chiesa sul luogo attuale, assumendo essa il ruolo di parrocchia e il titolo di S. Maria Assunta: è l’attuale concattedrale. Lungo il corso dei secoli Cingoli ha espresso la propria religiosità con numerosi altri luoghi di culto: la chiesa di S. Esuperanzio, sorta su preesistente costruzione nel 1278, che conserva il corpo d’uno dei suoi primi vescovi, Esuperanzio proveniente dall’Africa, protettore della città (costituitasi comune nel 1150), la cui festa si celebra il 24 gennaio; di S. Sperandia, parente di s. Ubaldo di Gubbio, che si fece benedettina a Cingoli, divenendo badessa e morendovi nel 1276: è venerata come patrona della città con festa liturgica l’11 settembre; di S. Domenico con la “Madonna del Rosario” di L. Lotto; di S. Francesco, di S. Giacomo apostolo, S. Croce (dei PP. Cappuccini), di S. Girolamo, di S. Benedetto, di S. Caterina e altre ancora tutte nel centro storico o nelle immediate vicinanze. Nel territorio circostante sorsero il monastero dei SS. Quattro Coronati, l’Abbazia di S. Vittore, S. Flaviano, S. Anastasio; S. Elena di Avenale originariamente fu pieve; S. Giovanni Evangelista (Villa Strada) è nominata nel X secolo; Troviggiano fu collegiata con chiese dipendenti; altre chiese antiche, risalenti al X secolo – sebbene ricostruite nel corso del tempo – sono S. Michele Arcangelo (Castel S. Angelo), S. Nicolò da Bari (Moscosi). Nel 1725, con bolla del 19 agosto del papa Benedetto XIII, Cingoli ottenne di nuovo la diocesi con il vescovo Agostino Pipia cardinale e già ministro generale dell’Ordine dei Predicatori; fu unita aeque principaliter con Osimo e il suo vescovo fu chiamato vescovo di Osimo e di Cingoli e tale organizzazione durò fino al 1964. Seguì poi la fase degli amministratori apostolici dei vescovi: Cassullo (1964-1968), Sabattani (1968- 69), Tonini (1969-1975), Cecchi (1975-76). Subentrò poi Mons. Carboni quale vescovo delle 5 diocesi autonome (1976-1986), prima della “piena unione”. In conclusione, Cingoli ha avuto 78 vescovi così definiti: di Cingoli n. 5 (ricordati nella storia antica); di Osimo n. 52; di Osimo e Cingoli n. 21. Tra i cittadini più illustri Cingoli ricorda il papa Pio VIII (1829-1830), Francesco Saverio Castiglioni, che la insignì fra le poche città del mondo di Rosa d’oro. Dei numerosi Ordini religiosi presenti un tempo (Avellaniti, Agostiniani – S. Nicola da Tolentino vi fu ordinato sacerdote nel 1274 – francescani Minori e Conventuali, Domenicani, Filippini, Silvestrini, Monache Cistercensi), restano ora le Monache Benedettine di S. Sperandia, le Figlie della Carità, le Francescane della Beata Angelina e i Cappuccini. Con il riordinamento della “piena unione” del 30 settembre 1986, la vicaria di Cingoli ha recuperato alcune parrocchie, denominate “Ville montane”, che pur facendo parte del comune di Cingoli, appartenevano alla diocesi di Camerino. Attualmente la vicaria di Cingoli comprende 9 parrocchie per circa 10 mila abitanti.
Diocesi di Treia
TREIA , fondata probabilmente dai Sabini, fu municipio romano (Trea o Trajana) e sorgeva a due chilometri dal colle dove è situata oggi la città, nella contrada attuale del SS. Crocifìsso. Analogamente ad altre antiche città romane vicine, ricevette ben presto il cristianesimo e fu sede vescovile, anche se non ci sono rimasti nomi di vescovi o riferimenti espliciti. Le invasioni barbariche, specialmente dei Longobardi, ne sconvolse l’assetto civile e reli gioso e Treia, come altre città del Piceno, rimase privata della sede vescovile e il suo territorio, presumibilmente alla fine del VI secolo, passò sotto la guida spirituale della superstite diocesi di Camerino e vi restò fino al 1816. Più volte nel corso dei tempi i Treiesi richiesero (a Sisto V, a Pio VI) la sede vescovile. Finalmente Pio VII il 1 settembre 1816 restituì a Treia la diocesi immediatamente soggetta alla Sede Apostolica, da amministrarsi dai vescovi di Cameri no. Nel frattempo sul luogo dell’antica chiesa di S. Giovanni risalente al XII secolo, nel 1814 era stato ultimato con grande entusiasmo un nuovo tempio a croce greca, consacrato il 29 settembre da S. Vincenzo Maria Strambi, de stinato ad essere cattedrale (attuale concattedrale), che venne arricchendosi progressivamente di pregiate opere d’arte, tra cui: la tela dell’Annunciazione, copia dell’Annunciazione di G. Reni (la cattedrale è dedicata alla SS. Annunziata); il quadro della Madonna della Misericordia del Miccinelli, incoronata da Pio VII in S. Nicola da Tolentino il 17 maggio 1814, la tela della Madonna del Rosario del ‘500 di ignoto, un antico fonte battesimale, il sontuoso altare del Sacramento del 1500 (proveniente dai frati agostiniani di S. Angelo in Pontano), la pala d’altare raffigurante l’Assunzione di Maria in cielo e Santi, di Antonio di Faenza (1529), la statua di S. Patrizio scelto come patrono della città (festa 17 marzo), l’organo Callido e altra suppellettile preziosa conservata in sagrestia e nella cripta. Con il primo amministratore apostolico furono istituiti il seminario (1837) e la nuova parrocchia di Passo di Treia. Il 4 novembre 1914 Treia subì una nuova organizzazione ecclesiastica: passò sotto l’amministrazione apostolica di S. Severino e vi rimase fino al 1966, quando ebbe come amministratori apostolici i vescovi Cassullo (1966- 1968); Sabattani (1968-69), Tonini (1969-1975), Cecchi (1975-76); dal 1976 al 1986 la resse come vescovo ordinario Mons. Carboni fino alla “’piena unione” del 30 settembre 1986. In totale Treia, dopo i primi vescovi delle origini a noi sconosciuti, è stata retta da 65 vescovi di Camerino, da 6 amministratori apostolici di Camerino, da 4 amministratori apostolici di S. Severino, da 4 am ministratori apostolici di Macerata (e Loreto), da 3 vescovi ordinari compreso l’attuale Mons. Giuliodori. I numerosi luoghi di culto disseminati nel territorio testimoniano l’intensa e costante vita religiosa vissuta dalla comunità nel corso del tempo. Sull’antico tempio pagano sorse la pieve di Santa Maria in tempi molto remoti (forse con la riorganizzazione ecclesiastica operata da S. Gregorio Magno dopo l’invasione longobardica); sull’antico castello dell’Onglavina (dal nome di una principessa longobarda) fu costruita una chiesina dedicata a S. Michele, protettore dei Longobardi: ricostruita nel 1357 in stile romanico e dopo vari altri restauri si è conservata fino a noi, svolgendo anche la funzione di parrocchia. I francescani Conventuali, alloggiati tra il 1240 e 1250 nella chiesina di santa Margherita (vicino a porta Vallesacco), costruirono dentro Montecchio nel 1300 la chiesa di S. Francesco, restaurata nella la metà del ‘700, arricchita di opere d’arte, lasciata nel 1966. La presenza dei Francescani fu contrassegnata anche dalla venuta dei Clareni (rigidi osservanti della povertà) nella mistica solitudine di Valcerasa, dove visse anche il beato Pietro di Treia (morto nel 1304). Oggi dei Francescani restano i Minori Osservanti chiamati qui nel 1671 come custodi del santuario dedicato al SS. Crocifisso (preziosa statua in legno policromo, del XV secolo, di ignoto), che ai primi del ‘400 aveva sostituito l’antica pieve trasferita nel centro urbano. L’attuale complesso del SS. Crocifisso è composto dalla chiesa restaurata nel XX secolo e dal convento dei secoli XVII-XVIII, il cui chiostro è arricchito da un ciclo pittorico sulla vita di S. Francesco, di autori diversi (sec. XVIII). La congregazione dell’ Oratorio di S. Filippo Neri venne eretta nel 1631 e nel luogo dove esisteva la chiesa di S. Antonio Abate (demolita nel 1366) fu costruito nella 2ª metà del ‘700, ornato di varie tele e altari, il tempio di S. Filippo, con attigua casa per i Filippini. Fuori del centro urbano sono da ricordare: la pieve di S. Lorenzo (attestata nel 1200); S. Maria in Selva (cosiddetta per la presenza di boschi): edificata sulle rovine di una chiesetta fatta costruire fin dal 1042 dai signori del castello di Ajano (ora non più esistente), fu aggregata nel 1096 all’Abbazia di Rambona da papa Urbano II, già monaco benedettino. Nel 1151 l’abate di Rambona donò tutte le proprietà di S. Maria in Selva all’abbazia di S. Maria in Chiaravalle di Fiastra, legandola alle sue vicende per molti secoli e facendone un punto di riferimento importante per lo sviluppo religioso e culturale della zona. Dal 1581 la tenuta di S. Maria in Selva, di molto ampliata, vide le sue vicende legarsi prima a quelle della Compagnia di Gesù (il cui collegio romano divenne proprietario dell’Abbazia di Fiastra) e dal 1773 a quelle della nobile famiglia dei Bandini di Camerino, a cui passarono gli averi dell’Abbazia di Fiastra mediante enfiteusi (affrancata nel 1802). Vicaria curata nel 1920, la chiesa fu eretta a parrocchia nel 1945 per donazione del principe Carlo Giustiniani Bandini. Nel comune di Appignano (già della diocesi di Osimo e ora facente parte della Vicaria di Treia) sono da ricordare: la chiesa di S. Giovanni Battista, costruita dai Monaci di Fiastra nel sec. XII in stile romanico, trasformata radicalmente nel 1700, conserva pregevoli opere d’arte; Il convento francescano di Forano, nel cui edificio originario avrebbe soggiornato S. Francesco. A Passo di Treia sono le Chiese di S. Ubaldo (1800), S. Maria del Ponte (1884), Natività della B.V. Maria (2000). Degli Ordini religiosi del passato a Treia ora restano solo i Minori Osser vanti e le Monache ( di clausura) della Visitazione che subentrarono nel 1800 nella chiesa di S. Chiara e nel Monastero delle Clarisse. L’attuale vicaria di Treia comprende 7 parrocchie con Appignano, per una popolazione totale di circa 14.000 abitanti.
Questo lungo e vario percorso storico ebbe il suo “punto d’arrivo” il 30 settembre 1986 quando la Congregazione dei Vescovi emanò il decreto che dice testualmente: “In forza del criterio generale per cui si stabilisce che le circoscrizioni ecclesiastiche finora affidate alla cura pastorale di un solo vescovo siano riunite insieme in una sola, con il presente decreto la Congregazione dei Vescovi dispone anche per le diocesi unite di Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia la loro piena unione”. Francesco Tarcisio Carboni, vescovo di cinque diocesi fino ad allora autonome (Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia), con il decreto del 30 gennaio 1987 diede esecuzione, per mandato affidatogli dalla stessa Congregazione, a tale nuova organizzazione ecclesiastica della diocesi unificata di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia.