Macerata

Omelia del Vescovo per il trentennale della morte di mons. Carboni

Marconi: «A lui sarà intitolata la Cittadella della Carità in via dei Velini»

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Di mons. Nazzareno Marconi*

Carissimi Fratelli, la celebrazione di oggi è davvero un’eucaristia, cioè un rendimento di grazie al Signore per il dono che ha fatto alla nostra Chiesa diocesana del compianto vescovo monsignor Francesco Tarcisio Carboni, di cui ricorre il trentennale della morte. 

Monsignor Carboni è stato davvero un dono di Dio e con la distanza di tre decenni lo sguardo sulla sua persona e il suo operato raggiunge quella lucidità che permette di fare un vero ed oggettivo giudizio storico. Infatti, nell’immediatezza della morte la valutazione di ogni persona rischia di essere fatta sull’onda dell’emozione. Oggi rileggere l’operato di monsignor Carboni permette invece quella serena lucidità che fa riconoscere la sua capacità di essere stato un uomo profondamente evangelico e quindi chiaramente profetico, perché il Vangelo non scade, ne perde di attualità e chi cammina illuminato dal Vangelo è sempre avanti sui suoi tempi. Monsignor Tarcisio giunse a Macerata arricchito da un’esperienza di parroco, di padre spirituale del seminario e di missionario. Queste tre esperienze gli permisero prima di tutto di avere chiara la visione del valore e dell’importanza della parrocchia, come luogo in cui le persone possono fare un’esperienza di fede ed incontrano il Signore. Ma proprio perché aveva fatto davvero il parroco, don Tarcisio riconosceva anche che nel mondo nuovo che si annunciava ed entro il quale ormai ci troviamo pienamente, la parrocchia da sola non sarebbe bastata. 

Non dobbiamo dimenticare questa visione d’apertura mentale per cui il vescovo Tarcisio ha accolto e sostenuto altre realtà di Chiesa, che accanto alle parrocchiepossono svolgere un vero ruolo evangelizzatore. È stato Lui che ha accolto e sostenuto l’esperienza dei Cursillos di cristianità, quella del Rinnovamento nello spirito, il Movimento di comunione e liberazione, dei Focolari, gli inizi dell’Associazione Mariana Regina dell’Amore, e soprattutto la realtà del Cammino Neocatecumenale ed il nuovo Seminario Redemptoris Mater. 

Fu Mons Carboni che nel 1993 portò tra noi San Giovanni Paolo II a benedire la prima pietra del Seminario e partecipare al Pellegrinaggio Macerata Loreto. 

Carboni, che indisse e concluse il Sinodo Diocesano, aveva chiaro l’obiettivo di “una Chiesa sinodale, in cui si cammina insieme con Cristo e verso il Regno” come ci ha detto oggi il Papa ad Assisi, riconoscendo le diversità nei carismi come una grande ricchezza.

Questa Chiesa rinnovata, monsignor Carboni l’aveva ben chiara già nel 1976, quando divenne nostro Vescovo dopo essere stato anche padre spirituale in Seminario. Da questa esperienza aveva imparato che prima di tutto abbiamo bisogno di preti, di diaconi, di laici arricchiti e maturati da una profonda vita di preghiera. Senza la preghiera e l’unione con Dio, senza essere uomini e donne di Dio, non avremmo nulla da portare al mondo. E monsignor Carboni colpiva tutti nell’incontro personale, perché era subito chiaro il suo rapporto profondo e schietto con il Signore Gesù, nutrito da una preghiera fedele ed intensa.

Il vescovo Carboni, che era stato missionario in Brasile tra i lebbrosi, aveva ben chiaro che sempre più ogni cristiano ed ogni prete doveva essere un missionario nel mondo di oggi, dove l’annuncio del Vangelo e la proposta di Gesù come unico Salvatore dell’umanità, sono una sfida quotidiana. È stato monsignor Carboni che ha rilanciato davanti agli occhi dei maceratesi la luminosa figura del grande missionario padre Matteo Ricci, capace di giungere fino in Cina per annunciare Gesù Cristo, con il metodo missionario dell’amicizia, quello che oggi tecnicamente viene definito metodo dell’inculturazione. In cui si annuncia Cristo prima di tutto incontrando le persone ed i popoli e ponendosi in un atteggiamento di ascolto prima che di critica, di accoglienza del bene che si trova, prima che di proposta della necessaria conversione.

Il suo motto episcopale “predica verbum”, cioè “annuncia la Parola”, ha ancora tutta la sua efficacia in un mondo dove risuonano spesso tante chiacchiere, ma manca quella parola piena di sapienza umana e divina che non è tanto un concetto, quanto la concretezza di una persona. Il “Verbum”, infatti, come dice l’inizio del Vangelo di Giovanni, è la persona di Gesù figlio di Dio, con tutto ciò che ha fatto e ha detto per salvarci.

A lui dobbiamo la nostra bella Aula Sinodale ed a lui vogliamo intitolare la Cittadella della Carità di via dei Velini. Questo bel progetto ha ottenuto il sostegno straordinario anche della Presidenza della CEI e le offerte di questa sera e dell’Avvento diFraternità 2025 saranno dedicate a questo obiettivo.

Nell’omelia tenuta nella sua prima celebrazione Pasquale da vescovo di Macerata, nella Pasqua del 1976, Carboni parlava di chi dovrebbe essere il vescovo, indicando allo stesso tempo chi dovrebbe essere il prete ed anche chi dovrebbe essere un cristiano credente ed impegnato nel diffondere il Vangelo nel mondo di oggi. Diceva don Tarcisio: “il vescovo oggi dovrebbe essere pastore e padre, più che superiore e ispettore; animatore e unificatore, più che esecutore e controllore; segno di verità e di grazia, più che segno di prestigio e autorità”.

In questo modello mi specchio costantemente, sentendo tutta l’inadeguatezza, ma cosciente che nulla è impossibile a Dio se con umiltà sincera ci lasciamo guidare da Lui. A questo modello di servizio a Dio ed ai fratelli richiamo anche voi, perché l’esempio di Mons Carboni possa guidarci al bene, senza timore di non piacere al mondo. Siamo chiamati a piacere a Dio e solo se lo saremo, anche il mondo si aprirà all’annuncio del Vangelo.

*Vescovo di Macerata

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