2023/02/24 1° Quaresimale

24-02-2023

Parrocchie… ma come?

Tra i temi del Sinodo questo secondo anno invita all’ascolto ed alla riflessione sul nostro modo di vivere la fede e sulle strutture e le modalità corrette di rinnovare le strutture. Per “restaurare” e non “demolire” la Parrocchia, che è ancora la struttura di base del nostro camminare insieme nella fede, è utile ripensare quali siano le colonne che la sostengono. Come Vescovo, alla luce della Parola di Dio e della sapienza tradizionale della Chiesa, vorrei proporre queste meditazioni quaresimali sui fondamenti della parrocchia, quelli che tra tanti cambiamenti si sono mantenuti sostanzialmente immutati nei secoli.

Credo che anche la parrocchia di domani, rinnovata e più aperta al dialogo con le Unità pastorali e con la Diocesi, potrà meglio crescere e rinnovarsi se non perde di vista questi fondamenti.

Il primo fondamento è la domenica, il giorno del Signore, ma anche il giorno dell’incontro tra i credenti.  Il giorno dell’Eucarestia e della Parola di Dio, in cui si consolida l’identità del cristiano, tanto che un semplice credente è riconosciuto anche sociologicamente come diverso quando è anche “un praticante”, quando vive con fedeltà la domenica. “Senza la domenica non possiamo vivere” dicevano i martiri persiani del IV secolo.

Il secondo fondamento della parrocchia sono i Sacramenti, che con le relative catechesi significativamente preparano ed accompagnano le età della vita con i loro passaggi. La vita scorre dall’infanzia alla vecchiaia, ed ogni età è aperte e conclusa da dei momenti di significativo passaggio. Ognuno di questi passaggi è accompagnato e segnato da un sacramento specifica. La nascita, che apre l’infanzia col Battesimo. Il ritmo delle cadute e delle conversioni con la Confessione. Il ritmo settimanale e delle grandi feste con l’Eucarestia. L’inizio della maturità con la Cresima. La costruzione della famiglia con il Matrimonio. L’impegno della vita al servizio di Dio e dei fratelli con l’Ordine Sacro. Ed infine la vecchiaia: il tempo delle fragilità e della fine della vita, con l’Olio degli infermi.

Il terzo fondamento della parrocchia è l’Accoglienza, il fatto che la parrocchia sia la casa di Dio e dei cristiani in mezzo alle case degli uomini, per questo è il primo luogo dove andare per chi cerca Dio e per chi cerca l’amore cristiano. Chi cerca spiritualità e carità, dovrebbe sempre sentirsi a casa quando giunge in parrocchia. E chi vuol mettersi a servizio di Dio e degli uomini per fare il bene, dovrebbe egualmente trovare qui il suo primo e più naturale luogo di lavoro.

Il quarto fondamento della parrocchia è la Festa cristiana. I ritmi del tempo umano, le gioie e le sofferenze, la memoria grata di chi ci ha preceduto e della storia comune, sono celebrati nelle feste degli uomini. Le feste sono momenti cruciali per costruire quel sentirsi popolo di Dio, che dovrebbe costituire la nostra comune identità. La festa può unire o dividere, dare coscienza o stordimento, creare comunità o folla… La maniera cristiana o pagana di vivere la festa ed il suo tempo speciale è rilevante, perché determina anche lo stile pagano o cristiano con cui poi si vive il tempo feriale.

Questo percorso di meditazione nutrirà la nostra quaresima. Non diremo tutto, ma apriremo un discorso, che vorrei poi diventasse tema di confronto e di revisione di vita nelle nostre parrocchie. Anche da questo passa il nostro Sinodo, il nostro camminare insieme.

Cominciamo stasera dal primo fondamento: la domenica.

 

La domenica

Dal libro dell’Apocalisse. (1,5-11)

Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen!

Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!

Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: “Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa”.

L’uso degli abitanti cristiani di una città di ritrovarsi insieme a celebrare l’eucarestia di domenica, riposando dal lavoro come facevano gli ebrei ogni sabato è certo antico, ma non possiamo farlo risalire alle prime origini della Chiesa ed ancora meno ai tempi degli apostoli e della loro vita insieme con Gesù narrata nei vangeli. Nella Parola di Dio quindi possiamo solo trovare degli accenni di quello che sarà la nostra domenica, ma non sono meno significativi. In questo testo dell’Apocalisse tutto centrato sull’incontro mistico con Gesù Risorto e vivo, sull’ascolto della sua Parola che parla alle Chiese, sul memoriale della sua morte e resurrezione che ci salvano e che celebriamo come popolo sacerdotale, troviamo l’espressione “giorno del Signore”.  Per gli ebrei, il giorno di Dio, il giorno del Signore erano espressioni comuni che designavano il sabato, giorno della preghiera e dell’incontro dei credenti. In questo testo di Apocalisse, si può già pensare che invece indichi la domenica, il giorno della resurrezione, il primo dopo il sabato, il giorno dell’inizio del tempo della salvezza di cui parla questo libro biblico.

Questo nostro brano descrive così tutto quanto verrà poi narrato dal libro dell’Apocalisse come frutto di una rivelazione, che l’apostolo Giovanni vive in una domenica, mentre sta celebrando l’eucarestia, in mezzo ad altri cristiani credenti incarcerati per la fede nell’isola prigione di Patmos. Già sono chiaramente presenti tutti gli elementi costitutivi della domenica cristiana.

C’è il ritrovarsi dei credenti come fratelli nella fede, nella gioia e nelle prove comuni. Ci si ritrova attorno alla presenza del Cristo vivo nel suo sangue e nella sua Parola, pregando ed intercedendo, celebrando come popolo sacerdotale, seme del regno di Dio tra gli uomini. In quest’isola di detenzione attorno a Giovanni vediamo l’inizio di una parrocchia cristiana, una convivenza provvisoria, questo significa la parola para-oikia. A Patmos, attorno a Giovanni c’è la convivenza provvisoria, la parrocchia, di un popolo in cammino verso il cielo, luogo della convivenza definitiva dei cristiani.

Para-oikia, fragile e preziosa.

La parrocchia è provvisoria per definizione, fin nel suo nome, è fragile, è proiettata verso il mondo e verso Dio, eppure è visibile, è concreta, c’è.

Il sabato, per gli ebrei viventi in un territorio, in una stessa cittadina, era una grande fonte di identità: il loro ritrovarsi in uno stesso luogo, udire le stesse parole, compiere gli stessi riti, li aiutava lungo la settimana a non sentirsi perduti e dispersi nel mondo pagano in cui vivevano, in cui i gesti, le parole, i sentimenti e le emozioni allontanavano da Dio ed avvicinavano agli idoli.

Quando i cristiani presero a vivere la loro domenica, questa esperienza del sabato di Israele, fu per loro illuminante per realizzare un nuovo giorno del Signore, un giorno della fede: il giorno fondante nella vita della comunità credente.

La centralità della domenica nella vita del cristiano, per quanto in crisi, non andrebbe sottostimata. È un tesoro solido, un fondamento su cui poggiare ancora oggi il rinnovamento della parrocchia. Non è la stessa cosa dire: “Dio lo prego da solo, quando voglio, dove voglio e con i gesti che preferisco” ed invece “incontrarsi ogni domenica, in parrocchia, con i miei fratelli nelle fede a pregare lo stesso Signore, con gli stessi gesti, canti e preghiere. Da questi due atteggiamenti nascono due cristiani diversi e due vite di fede ben diverse. E soprattutto sono dalla seconda esperienza nasce una fede forte e condivisa, una fede di chiesa.

La definizione che agli occhi del cristiano comune identifica meglio la sua parrocchia è: “il luogo dove vado a messa la domenica”. Per molti anche più del fatto se la sua abitazione sia nello stesso territorio. Ci sono dei parrocchiani anagrafici di una chiesa che però realisticamente, di domenica in domenica sono parrocchiani altrove.

Papa Francesco ci direbbe che in una chiesa che oggi, deve pensarsi come un ospedale da campo, è più urgente curare chi bussa alla porta che improvvisarsi doganieri chiedendo documenti e residenza. Una volta curati e nutriti ci porremo il problema dei rimpatri. Che sono certo auspicabili e buoni, ma non vitali nell’immediato.

Non dovremmo sottovalutare il valore esistenziale e spirituale di questo fatto: la domenica e la messa domenicale sono un ritmo ed un riferimento nel tempo e nello spazio, che danno un sapore particolare alla vita dei credenti. Favoriamo in ogni modo che la gente viva la domenica cristiana con fedeltà, questo è prioritario.

I passi di un rinnovamento.

Partiamo dallo spazio. So bene che lo stile di vita di oggi tende spesso a portarci lontano nello spazio, oggi viviamo in tanti spazi diversi e spesso stiamo andando da un posto ad un altro. Oggi la vita è in viaggio.

Ma è ancora innegabile che per quasi tutti, dal punto di vista affettivo e spirituale lo spazio si divide tra due luoghi significativi: casa mia ed il mondo. La vita la sentiamo come un partire ed un tornare, dove ogni viaggio ha gioie e dolori, ma si regge nella coscienza che c’è un luogo che ci attende, dove siamo preziosi per qualcuno e dove non dobbiamo chiedere permesso per entrare, dove le persone che ci troviamo accanto non sono estranei, e se lo sono, sentiamo subito che questa è una condizione provvisoria. Se vieni a casa mia dobbiamo conoscerci, dialogare, incontrarci. Non c’è condizione più straniante e dolorosa di sentirsi tra estranei a casa propria.

Tutto questo caratterizza la parrocchia come il secondo luogo, dopo la propria casa, dove è vitale non sentirsi estranei, almeno la domenica. Rifletteremo insieme meglio su questo tema parlando del tema dell’accoglienza, ma è bene subito ricordare che la parrocchia, come spazio significativo di vita, dovrebbe somigliare più alla propria casa che al mondo che sentiamo vasto, anonimo ed estranee. Entrare nello spazio della parrocchia dovrebbe farci sentire a casa e non tra estranei.

Più significativo è leggere la parrocchia che vive la domenica secondo il registro del tempo. La parrocchia ha la missione di custodire, proporre, animare e facilitare questo tempo per il Signore e con i fratelli nella fede, che è la domenica. Questo la parrocchia lo fa soprattutto con un rito, la messa domenicale, che più correttamente è una liturgia. Sembrano questioni di parole, ma non lo sono.

La liturgia domenicale.

Un rito è la ripetizione codificata, scritta in un libro, di gesti e parole che esprimono significati, sentimenti, valori. La liturgia, che si realizza anche attraverso dei riti, è però molto di più, è un’esperienza dello Spirito Santo, che ci fa incontrare Gesù vivo e presente tra noi. La liturgia domenicale è un’esperienza che anche attraverso dei riti, con gesti e parole, ci fa incontrare il mistero.

Se vogliamo usare una immagine potremmo dire che: i riti sono gli strumenti musicali, ma la liturgia è ascoltare la musica. Per questo il Concilio dice che la liturgia è “principalmente il culto della maestà divina” e “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia” (SC 10,33).

Assistere al rito della messa la domenica è tutto sommato abbastanza facile. Con gli spostamenti medi e la durata media della messa domenicale, dalla partenza al ritorno a casa, al massimo ci occupa due ore. E questo è anche il tempo medio che occupa tra: preparazione, esecuzione e riassetto dei locali, lo staff parrocchiale di prete, chierichetti, lettori, sagrestani e coro, per fornire al pubblico un decoroso rito della messa domenicale.

Ho volutamente scelto questo linguaggio freddo, da organizzatore di pubbliche conferenze, per farvi capire cosa potrebbe essere una messa, se si riduce solo ad un rito.

Ma se deve essere la liturgia domenicale, cioè l’esperienza di un vero incontro con Dio e con i fratelli, il culmine e la fonte della vita dell’anima, allora la messa della domenica non la si può sbrogliare con due ore di impegno totale.

La liturgia domenicale dovrebbe cominciare con una preparazione interiore almeno dal giovedì precedente e continuare nei suoi effetti ed echi fino al mercoledì seguente. E questo vale per chi va a messa, ma anche per chi la celebra, la anima, sostiene la partecipazione fruttuosa dei fratelli col suo servizio.

La domenica, se deve dare il ritmo alla vita del cristiano, ancora di più dovrebbe dettare il ritmo di vita di chi si impegna in parrocchia. In particolare, ritengo significativo che la Parola di Dio della domenica dovrebbe avere un posto di rilievo per dare contenuti e ritmo spirituale alla vita della comunità parrocchiale.

Prima di progetti pastorali astratti, iniziative su tematiche che copiamo dal mondo o peggio dalle mode del momento, la vita della parrocchia dovrebbe essere focalizzata sul tema ed il messaggio della Parola di Dio della domenica.

Basta credere allo Spirito Santo, infatti c’è sufficiente novità nella Parola di Dio della domenica da rinnovare la Chiesa ed il mondo, più di quanto non potremmo fare noi con innovativi messaggi e piani pastorali, ma tutti umani.

La parrocchia dovrebbe funzionare come la sorgente di un fiume. La pozza d’acqua da cui nasce un fiume solitamente ha una sorgente sotterranea: l’acqua sale al centro della polla e genera una prima onda circolare attorno, questa ne spinge una seconda più ampia e meno intensa, poi da questa deriva una terza onda circolare, tanto ampia quanto piana.

Al centro della vita della parrocchia c’è il getto d’acqua limpida e sorgiva della Parola della domenica, che muove e motiva fortemente un primo cerchio di cristiani, spiritualmente più vicino e più sensibile. Quando un parroco parla della sua comunità parrocchiale solitamente pensa a queste persone più vicine e più animate dalla Parola. Se questa comunità di fedeli è sana e non si rinchiude come un club di amici o peggio una setta, da loro la Parola con la sua dinamica si trasmette al secondo cerchio di persone, vicine ma non così assidue e così via.

Riuscire ad agitare ogni domenica tutta l’acqua del quartiere o del paese che compone la parrocchia, con la forza della parola di Dio e del Sacramento ricevuto, sarebbe bello e ideale, ma è lontano dalla realtà.

Se però la prima onda si lascia smuovere in profondità, e si allarga invece di richiudersi, la Parola ed il sacramento giugno a smuovere almeno un po’ la seconda e forse la terza onda. Più la sorgente manda con forza l’acqua verso la periferia, più le onde poi tendono a tornare verso il centro.

Chi viene mosso dalla Parola e dal Sacramento della presenza viva di Cristo, più è mosso interiormente, più torna verso il centro a chiedere di udire la Parola e di incontrare il Signore.

L’evangelizzazione parrocchiale non somiglia così ad un tornado che sconvolge un territorio passando da un lato all’altro, ma piuttosto ad un’onda pacifica e costante, che di domenica in domenica continua a scomodare l’acqua stagnante della vita e trasmette acqua fresca, acqua sorgiva di speranza, di futuro, di vita buona.

Fonte e culmine, sistole e diastole, così funziona la vita di un corpo ed anche di quel corpo di Cristo che è la Chiesa. Ciò che più conta è che al centro ci sia un cuore, e non può essere solo il prete perché il cuore per funzionare bene è un organo plurale, fatto di almeno quattro parti, simili a coppie ma non identiche: due ventricoli e due atrii.

Il cuore pulsante della parrocchia dovrebbe farci riflettere sulle nostre convinzioni, spesso diffuse, che uno solo possa o peggio debba fare tutto.

Questa è la parrocchia che vive bene il fondamento della domenica. Anche da qui passa il rinnovamento e la crescita dell’evangelizzazione parrocchiale.

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