Il Sacramento della Misericordia – 1° Quaresimale

IL SACRAMENTO DELLA MISERICORDIA
08-02-2016

Introduzione

Mi sembra necessario presentare con una breve introduzione il cammino di lectio che faremo durante questa quaresima. Al centro di tutto, in questo giubileo della misericordia, mi sembra giusto porre una riflessione sul sacramento della misericordia. Così ritengo sia corretto definire il sacramento della penitenza o confessione. Di fatto ogni sacramento cristiano è sacramento della misericordia, perché in ogni sacramento si rivela l’amore misericordioso del padre celeste, ma il sacramento della riconciliazione o penitenza è quello che più direttamente mette in luce la misericordia di Dio. Il battesimo infatti è sacramento della misericordia perché fonda il nostro essere nella comunione con Dio al di là del peccato, ma la sua celebrazione unica nella vita rende meno evidente un aspetto importante dell’amore misericordioso di Dio: la sua offerta costante e quotidiana. Dio ci ama ogni giorno di amore misericordioso ed ogni giorno è disposto ad accoglierci come figli pentiti che vogliono ricevere l’abbraccio del Padre. Nella ripetitività del sacramento della penitenza, battesimo delle lacrime, che ogni giorno dovrebbero sgorgare dagli occhi di un peccatore quale siamo ognuno di noi, la straordinaria grandezza della misericordia di Dio brilla in modo del tutto speciale. E’ davvero il sacramento della misericordia per eccellenza. I passi di questo cammino di Lectio divina verranno ritmati da un indice che giunge dalla sapienza della chiesa, è una sintesi pastorale che ripercorre le tappe della celebrazione di questo sacramento. Quando la Chiesa nella sua liturgia indica un percorso per tappe lo fa sempre a partire da una riflessione che ha attraversato i secoli e che merita perciò di essere scrutata con attenzione. I passaggi della celebrazione devota e fruttuosa del sacramento della penitenza sono sintetizzati dal catechismo in questo elenco: esame di coscienza, dolore dei peccati, proposito di non commetterne più, accusa dei peccati, assoluzione e penitenza. Sono le sei tappe del nostro itinerario nel quale chiederemo alla parola di Dio di illuminare ogni singolo passaggio per comprenderne la ricchezza ed il valore sempre e soprattutto come momento in cui scopriamo la grandezza dell’amore misericordioso.

Esame di coscienza

Luca 11,24-26

24Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: «Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito». 25Venuto, la trova spazzata e adorna. 26Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima.

Una catechesi di Papa Francesco a Santa Marta mi ha spinto scegliere questo brano per la nostra riflessione sull’esame di coscienza. In questa piccola parabola Gesù descrive la coscienza, quello che nella Bibbia si chiama il cuore, cioè l’intimo dell’uomo, come se fosse una casa in grado di ospitare lo Spirito. Se l’uomo vive in comunione con Dio, in questa bella casa che il suo cuore viene, ospitato lo spirito del Signore, lo spirito Santo. È quanto ci ricorda con frequenza San Paolo esortando i cristiani ad avere cura del proprio corpo, perché è il tempio dello spirito Santo. In questa stessa casa dello Spirito in noi, se lasciamo che il male ci conquisti, viene invece ad istallarsi lo spirito del maligno. La vita del cristiano appare perciò come una battaglia spirituale, della quale ciascuno deve fare buona guardia al suo castello interiore, come direbbe Santa Teresa d’Avila, per impedire che il nemico lo conquisti e la nostra condizione diventi ogni giorno peggiore.

Descrivere il cuore umano come la casa in grado di accogliere lo Spirito è particolarmente illuminante. Ognuno di noi infatti scopre esperienzialmente di avere un cuore, una coscienza, quando fa l’esperienza della voce dello Spirito. È come se sentissimo una voce che ci chiama dall’intimo, facendoci sentire con chiarezza tutta l’attrazione del bene, ed all’opposto tutta la repulsione del male. San Paolo descrive l’esperienza di questa voce come particolarmente forte nella preghiera, è infatti quando siamo profondamente in preghiera che sentiamo una voce in noi che grida: “Abba Padre”. La voce dello Spirito ci spinge infatti a riconoscere Dio come Padre e ad andare con tutta la passione del cuore verso di lui, obbedendo ai suoi comandi e ai suoi precetti, che riconosciamo come indicazioni di vita. Questa è la voce della coscienza.

Una seconda esperienza dello Spirito in noi, della voce della coscienza che è voce dello Spirto Santo, la facciamo quando ascoltiamo con fede la Parola di Dio. Siccome è lo stesso Spirito santo che vive in noi e che ha scritto la Parola, quando la ascoltiamo con fede Lui ce la spiega. Chi fa questa esperienza sente come una voce intima che fa comprendere spesso in modo nuovo ed inaspettato il senso di un brano del vangelo. Un brano che abbiamo sentito tante volte prende all’improvviso un significato nuovo, soprattutto un significato che tocca la mia vita, la illumina, la incoraggia. E’ come se una voce intima mi dicesse: questa Parola parla di te e significa questo nella tua vita, risponde così alle domande del tuo cuore. Tutto questo è l’esperienza della coscienza, l’ascolto della voce della coscienza che è voce dello Spirito Santo in noi.

La voce della tentazione invece che diventa tanto più forte e tanto più imperiosa quanto permettiamo al male di avvicinarsi o peggio istallarsi nel nostro cuore, risuona con un grido opposto: “Dio non è tuo padre” cioè Dio non si preoccupa di te, Dio non ti ama, Dio è geloso della tua felicità, Dio vuol fare da padrone sulla tua libertà. Tutte menzogne certamente, ma che se ci lasciamo contagiare dal peccato, risuonano sempre più forte nel nostro intimo, ci parlano dal cuore, soffocano la voce della coscienza.

Poiché siamo fatti così, il primo passo per metterci nella condizione di ricevere la grazia del perdono, è di aprire il cuore all’azione dello Spirito, lasciando che egli entri, illumini e riconquisti gli spazi del nostro intimo cacciando risolutamente lo spirito del male. La situazione descritta in questa piccola parabola, diceva Papa Francesco nella sua omelia del 10 ottobre 2014, dedicata a questo brano di San Luca, è ricorrente nella vita di ogni uomo. È costante il tentativo dello spirito del male di entrare e prendere dimora nel nostro cuore. Leggere questo brano come una descrizione di quella situazione estremamente eccezionale che è la possessione diabolica, potrebbe davvero portarci fuori strada. Se infatti pensiamo che qui si tratti di diventare indemoniati, nel senso tecnico del termine, potremmo sentirci al sicuro e non valutare quanto questo insegnamento di Gesù sia prezioso anche per noi.

Se la possessione diabolica è estremamente rara, invece il suo intorpidimento del nostro cuore, che ci rende difficile ascoltare la voce dello Spirito di Dio che parla in noi, è una realtà molto più frequente. E’ un’esperienza che di peccato in peccato, si consolida sempre di più. Per questo tutti i grandi padri spirituali, fin dai padri del deserto, insegnano l’importanza della custodia del cuore, l’attenzione a questa cella interiore in cui Dio viene ad abitare.

Continuava Papa Francesco: occorre «custodire questo tesoro dove abita lo Spirito Santo, perché non entrino gli altri spiriti». E bisogna farlo «come si custodisce una casa: a chiave». E bisogna «vigilare», perché il demonio, anche se «è stato cacciato via col battesimo, va, cerca altri sette peggiori di lui e torna». Ecco allora la necessità di un’attenzione continua. Occorre sempre chiedersi: «Cosa succede lì» dentro di noi? «Io sono la sentinella del mio cuore?».

L’esame di coscienza allora non è primariamente un lungo elenco dei peccati commessi, ma la domanda chiara che ognuno si rivolge: Cosa succede nel mio cuore? Chi abita il mio cuore? Faccio spazio allo Spirito del Signore perché sia davvero la sua casa? Oppure, di peccato in peccato, permetto allo spirito del male di impadronirsene sempre di più?

C’è una domanda che funziona, quasi come un’analisi del sangue della situazione del nostro cuore, la domanda fondamentale sull’esame di coscienza: quanto risuona con forza la voce dello Spirito in me? Se infatti la voce dello Spirito che grida Abba padre è flebile, mentre molto più forti sono le parole che mi spingono a dubitare della paternità di Dio, del suo amore, della sua attenzione a me in ogni attimo della mia vita, vuol dire che i miei peccati hanno rinchiuso lo Spirito Santo in un angolo, o peggio. Mentre lo spirito del male può scorrazzare indisturbato, riempiendo il mio cuore di dubbi e tentazioni.

Se cominciamo a sentire la presenza di questa negativa influenza, dice Papa Francesco sviluppando la parabola della casa, dovremmo comportarci come uno che vede entrare uno sconosciuto in casa sua: subito si domanda “chi l’ha fatto entrare?”. Se lo spirito del male circola nel nostro cuore, da dove è entrato? La risposta è semplice: sono i nostri comportamenti sbagliati, le nostre azioni ingiuste, diciamolo chiaro: sono i nostri peccati, che aprono la porta al male e lo fanno entrare nel cuore.

Per la porta dei peccati commessi, che dobbiamo ben riconoscere per poterli chiaramente evitare in futuro, dice Papa Francesco: nel nostro cuore “entrano i cattivi pensieri, le cattive intenzioni, le gelosie, le invidie. Tante cose, che entrano. Ma chi ha aperto quella porta? Da dove sono entrati? E se non ci accorgiamo di chi facciamo entrare nel nostro cuore, questo diviene una piazza, dove tutti vanno e vengono. Viene a mancarvi l’intimità. E lì il Signore non può parlare e nemmeno essere ascoltato”. Succede allora che, anche se il nostro cuore “è proprio il posto per ricevere lo Spirito Santo”, senza la giusta vigilanza “lo Spirito finisce all’angolo”, come se lo chiudessimo in “un armadio”. E lì lo Spirito è “triste”, conclude papa Francesco.

Per questo diventa molto utile per noi e per la nostra vita spirituale, la parte più conosciuta e chiara di quello che chiamiamo esame di coscienza, cioè la riflessione pacata e serena sul tempo trascorso e sugli errori singoli e chiari che abbiamo commesso. Non andiamo a cercare e ricordare i peccati commessi perché Dio non li conosce, né perché sono importanti in sé. Li ricerchiamo soltanto perché vogliamo riprendere a dire “Abba Padre” con tutto il cuore, e questo è possibile se riceviamo il perdono del male commesso in piena coscienza di ciò che abbiamo fatto. Ogni debitore, ci insegna un’altra parabola di Gesù, si rende conto di quanto è prezioso il perdono del suo debito, quanto più è cosciente dell’entità del debito che gli è stato perdonato. L’esame di coscienza non è quindi una ricerca masochistica e un po’ pruriginosa del male che abbiamo fatto. Anzi insistervi troppo in questo senso potrebbe essere pericoloso, perché noi facciamo sempre il male attratti da un piacere che speriamo di raggiungere, e rileggere il male commesso con troppa compiacenza, potrebbe anche portarci a ripensare con nostalgia a certi piaceri sbagliati.

L’esame di coscienza va invece fatto con tanta nostalgia di un cuore puro che vogliamo recuperare, in cui la voce dello Spirito risuoni cristallina e ci faccia sentire con profonda intensità tutta la gioia di sentirci amati da Dio che ci è Padre.

Dobbiamo perciò tornare alla pratica, tanto antica «ma buona», dell’esame di coscienza. Non solo da fare in fretta prima della confessione per avere qualcosa da dire al prete, ma come preghiera della sera, per chiudere il giorno in pace con Dio e con l’umanità.

Dice papa Francesco: “Quanti di noi la sera, prima di finire la giornata, rimaniamo da soli e nel silenzio ci facciamo la domanda: cosa è accaduto oggi nel mio cuore? Cosa è successo? Che cose sono passate attraverso il mio cuore?”.

In un bel libretto che il Papa ha fatto distribuire in Piazza San Pietro un anno e mezzo fa e che era intitolato: “custodisci il cuore”, presentava un semplice e chiaro elenco di domande da fare per un buon esame di coscienza. Lo definiva un interrogarsi sul male commesso ed il bene omesso in tre fondamentali direzioni: verso Dio, il prossimo e se stessi.

Quando l’ho letto mi ha ricordato i semplici insegnamenti del mio vecchio parroco. Insegnamenti che hanno salvato la vita spirituale di tantissima gente, per questo vorrei che lo ascoltassimo insieme. E sempre pericoloso cadere nella superbia spirituale, un tipo di malattia del cuore che fa grandi danni. E’ l’atteggiamento di chi crede che per la sua vita spirituale abbia bisogno di mezzi e forme straordinarie e disprezza le vie semplici ed umili. La Bibbia racconta questa malattia dell’anima, la superbia spirituale, nel gustoso episodio di Nahaman il Siro. Era un personaggio importante della corte del re di Siria che era venuto in Israele a chiedere la guarigione della lebbra che lo affliggeva dal profeta Eliseo. Il profeta gli impose, senza nemmeno guardarlo e toccarlo, di andare a bagnarsi sette volte nel giordano. Nahaman si irritò perché questa cura gli sembrava troppo semplice e perciò probabilmente inefficace. La sua serva lo corresse da questa superbia spirituale: perché mai Dio dovrebbe proporci cure complicate ed astruse, se nella sua onnipotenza può salvarci con mezzi semplici e chiari? Perché dovrebbe chiederci cose difficili, quando può bastare l’obbedienza nel compiere cose semplici e buone?

È la stessa cosa che chiedo a voi. Fidatevi nel fatto che la medicina più semplice per custodire il cuore, è guardare con attenzione a quante porte aperte lasciamo allo spirito del male, con le azioni e le omissioni che compiamo nella nostra vita. Ascoltiamo perciò con spirito aperto e positivo questo semplice elenco.

I peccati nei confronti di Dio

Mi rivolgo a Dio solo nel bisogno?

Partecipo alla Messa la domenica e le feste di precetto?

Comincio e chiudo la giornata con la preghiera?

Ho nominato invano Dio, la Vergine, i Santi?

Mi sono vergognato di dimostrarmi cristiano?

Cosa faccio per crescere spiritualmente? Come? Quando?

Mi ribello davanti ai disegni di Dio? Pretendo che egli compia la mia volontà?

 

I peccati nei confronti del prossimo

So perdonare, compatire, aiutare il prossimo?

Ho calunniato, rubato, disprezzato i piccoli e gli indifesi?

Sono invidioso, collerico, parziale?

Ho cura dei poveri e dei malati?

Mi vergogno della carne di mio fratello, della mia sorella?

Sono onesto e giusto con tutti o alimento la “cultura dello scarto”?

Ho istigato altri a fare il male?

Osservo la morale coniugale e familiare insegnata dal Vangelo?

Come vivo le responsabilità educative verso i figli?

Onoro e rispetto i miei genitori?

Ho rifiutato la vita appena concepita? Ho spento il dono della vita?

Ho aiutato a farlo? Rispetto l’ambiente?

 

I peccati nei confronti di sé

Sono un po’ mondano e un po’ credente?

Esagero nel mangiare, bere, fumare, divertirmi?

Mi preoccupo troppo della salute fisica, dei miei beni?

Come uso il mio tempo?

Sono pigro? Voglio essere servito?

Amo e coltivo la purezza di cuore, di pensieri e di azioni?

Medito vendette, nutro rancori?

Sono mite, umile, costruttore di pace?

 

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