Omelia di Sua eccellenza Monsignor Nazzareno Marconi del 1 Aprile 2015
Alle Comunità neocatecumenali: “1° Comunità di San Francesco” e “2° Comunità della Cattedrale” di Macerata che stanno finendo il Cammino.
Carissimi fratelli e sorelle
ho portato con me il testo del discorso che ha indirizzato a voi il Santo Padre lo scorso 6 marzo perché ritengo che debba essere per me un riferimento per comprendere e guidare il mio rapporto con voi come vescovo di questa diocesi, nella quale soprattutto all’interno del presbiterio, c’è una significativa presenza di sacerdoti che provengono dal cammino neocatecumenale. Il Papa esordisce dicendo: “Il compito del Papa, il compito di Pietro, è quello di confermare i fratelli nella fede”. Credo che questo compito di confermare i fratelli nella fede non sia proprio solo del Papa, ma di ogni Vescovo in quanto apostolo di una chiesa particolare. Non solo in questa celebrazione, ma sempre, sento come mio questo incarico di confermarvi nella fede, cioè di incoraggiarvi ed anche di guidarvi in un cammino di fede vera e piena. Ha continuato poi il Santo padre: “Così anche voi avete voluto con questo gesto chiedere al Successore di Pietro di confermare la vostra chiamata, di sostenere la vostra missione, di benedire il vostro carisma”. Sono tre elementi particolarmente significativi su cui vorrei riflettere ora con voi. “Confermare la vostra chiamata”. Tutti voi avete preso coscienza che il Signore vi ha chiamato attraverso il Cammino a crescere in una esperienza di fede e di riscoperta del vostro battesimo. Siete certi nel cuore di questa chiamata, vi è stata più volte, attraverso gli scrutini, confermata dai vostri catechisti e dai vostri fratelli di comunità. Credo sia compito del Vescovo, l’apostolo in mezzo a voi inviato dal Signore, di confermare, valutando la crescita del bene e della fede che si è verificata in voi in questi anni di cammino, che davvero il Signore vi ha chiamato. Quando Dio opera lo si riconosce, perché solo Dio è capace di operare frutti di conversione e di fede, ed ognuno di voi sa i doni che Dio vi ha fatto. “Sostenere la vostra missione”. È quanto ho fatto in questi mesi soprattutto incontrando famiglie e presbiteri che sono in missione ad gentes, o presbiteri fidei donum itineranti, o in varie parti del mondo e d’Italia. In questi incontri molto cordiali, in cui ho ascoltato le loro gioie e le loro fatiche, ho concluso spesso l’udienza con un gesto familiare, tipico della nostra gente, quello di un’amichevole “pacca sulla spalla” per incoraggiarli nel loro impegno di bene. È stato sempre per me un gesto significativo della mia vicinanza, soprattutto con la preghiera, al loro impegno di diffondere il Vangelo. “Benedire il vostro carisma”. Il Papa e il Vescovo sentono come un loro preciso dovere quello di riconoscere e benedire il vostro carisma. Un carisma è un dono di Dio fatto ad alcuni, ma sempre per il bene di tutta la Chiesa e, un carisma, è sempre un dono peculiare e particolare. È un dono peculiare e specifico perché è vostro e non si confonde con quello di altre realtà ecclesiali. E’ poi un dono particolare, perché i carismi sono tanti ed ognuno costituisce un pezzo di quell’unità che permette la vita di tutta la Chiesa. Come nel caso di un bellissimo mosaico, costituito da tantissime tessere: ognuna di esse, ogni singola tessera, è un carisma particolare. Per quanto possa sembrare piccola rispetto a tutto il mosaico della Chiesa universale, ogni tessera è importante. Se in un mosaico di molti metri quadrati voi togliete anche una sola tessera, diventa subito evidente che quel vuoto rende meno perfetto e bello tutto l’insieme. Per questo lodiamo il Signore e lo benediciamo per ogni carisma, per ogni dono che fa alla sua Chiesa. Al tempo stesso il Vescovo è impegnato a custodire e valorizzare ogni carisma. Soprattutto da quando sono qui a Macerata, ho cercato di comprendere sempre meglio la specificità e particolarità del vostro carisma. Come usava fare Gesù vorrei spiegarvelo con una parabola: è come se in una
valle ci fossero tanti operai intenti a colpi di martello e scalpello a squadrare e scolpire delle pietre. Un unico architetto passa in mezzo a loro, dando indicazioni e dirigendo il loro lavoro, secondo un piano che solo lui ha in mente con chiarezza. Un visitatore passa per la valle e vede tanti lavoratori affaticati, tristi ed arrabbiati. “Che cosa stai facendo?” Chiede ad uno di loro. E questo risponde: “sto faticando molto, sto scolpendo una pietra troppo dura, e il mio padrone, l’architetto, di continuo mi tormenta con i suoi ordini”. Il visitatore continua ad attraversare la valle, quando vede un operaio dal volto sereno, che lavora con impegno ed appare veramente felice. Allora chiede anche a lui: “che cosa stai facendo?” E quello risponde: “insieme al mio architetto stiamo costruendo una grande cattedrale”. Questa realtà, formata da tanti fratelli che lavorano fianco a fianco, è la chiesa che sta costruendo la casa di Dio tra gli uomini, la Gerusalemme celeste, come diceva la prima lettura di questo rito (Ap 21). Il vostro carisma, di operai in nella vigna del Signore tra tanti altri fratelli, è proprio legato ad un cammino di approfondimento del valore del battesimo e della parola di Dio. Questo cammino vi aiuta a comprendere che siamo i collaboratori di Dio nella costruzione della Gerusalemme celeste. Certo siamo poveri uomini come gli altri e più degli altri, segnati dai nostri limiti e peccati. Ma sappiamo di essere collaboratori di Dio e sappiamo che la nostra vita impegnata nel bene sotto la Sua guida non è inutile, ma costruisce qualcosa di prezioso per tutti. Questo deve trasparire dalla nostra gioia. Questo è il motivo della nostra gioia. Papa Francesco ha parlato della gioia del Vangelo che deve trasparire dalla vita di ogni cristiano. Come l’operaio gioioso della parabola il vostro carisma vi chiede di donare agli altri i segni della fede, di testimoniare con la vita i segni della fede, di farvi annunciatori della resurrezione del Signore Gesù che avete conosciuto ed incontrato attraverso la parola, la liturgia, l’esperienza della comunità. Un grande spirituale ormai del secolo scorso, Don Giuseppe Dossetti, un uomo che abbandonò i vertici del successo e della politica per dedicarsi alla contemplazione, diceva che ogni esperienza di Chiesa è sempre esperienza di una grande povertà umana. Dio infatti fa la sua Chiesa a partire dagli ultimi, dai più deboli e dai più fragili. Questa è la nostra realtà, ma proprio attraverso questo, brilla di più che è Dio che opera, mentre noi dobbiamo essere pieni della gioia di essere suoi collaboratori. Che il Signore vi doni di vivere sempre nella gioia la peculiarità e particolarità del vostro carisma nella grande famiglia della Chiesa.
Omelia alle Comunità Neocatecumenali
01-04-2015