Omelia chiusura diocesana Giubileo della Misericordia

13-11-2016

Nella nostra fede i gesti e i simboli hanno una grande importanza. Questa celebrazione si è aperta quando il vescovo ha chiuso alle sue spalle la porta giubilare e si è incamminato per celebrare con voi l’eucaristia, cioè il rendimento di Grazie a Dio. Ma di cosa dobbiamo rendere grazie? Certo di tutti i doni di grazia di cui abbiamo fatto esperienza in questo anno Santo. Il Signore è passato tra noi con la sua misericordia, ci ha donato con generosità il suo perdono, ci ha riconciliato con sé e tutto questo ha favorito e sostenuto molti passi positivi di riconciliazione tra noi.

Pur con tutti i nostri limiti siamo una comunità più unita. Che la preghiera e l’esperienza del perdono ha fatto crescere nella capacità: di accoglierci, di ascoltarci, di comprenderci, di tentare di camminare insieme. Per tutto questo diciamo grazie a Dio, per la grandezza della sua misericordia.

Ma mentre vivevo in preghiera l’esperienza della chiusura della porta Santa, mi sono chiesto: quale messaggio evangelico, quale annuncio di bene poteva contenere per noi quel gesto? Cosa ci dice di buono che si chiude una porta e si inizi un cammino nuovo?

Quella porta aperta, lo dicevamo all’inizio dell’anno Santo, costituiva un invito ad entrare in una più profonda comunione con Dio e tra di noi. Dopo l’esperienza della misericordia di Dio che tutto perdona e che dimentica ogni nostro errore passato, il gesto che abbiamo compiuto è davvero una porta chiusa sul nostro passato, sui nostri peccati, sulle nostre fragilità. Sento con intima convinzione che il Signore ci spinge, ognuno di noi e tutti assieme, a camminare con decisione verso il bene.

Dopo il peccato ed il perdono generoso di Dio resta sempre per ciascuno di noi una duplice tentazione particolarmente subdola: è la tentazione della nostalgia del male assieme alla tentazione dell’infinito rimorso. Lo spirito del male vinse il cuore di Giuda colpendolo con la tentazione del rimorso, che non sapeva credere nella forza della misericordia di cancellare il passato, chiuderne definitivamente la porta, e aprire ad un nuovo futuro. Rimuginare sui nostri errori passati non è segno di fede, ma di sfiducia nella misericordia di Dio. Incamminiamoci positivamente verso il futuro, chiudiamo la porta al male.

Questa tentazione è ancor più pericolosa quando diventa ricordo rancoroso del male subito, perenne ricordo delle colpe degli altri. Noi che abbiamo ricevuto un perdono così generoso in questo anno di grazia, offriamo ai fratelli un perdono altrettanto radicale e sincero, chiudiamo la porta al ricordo dei loro errori ed incamminiamoci con loro verso una vita nuova.

Ma c’è una tentazione più profonda da vincere, sulla quale è bene chiudere una porta molto pesante e solida, è la tentazione della nostalgia del male. Ogni volta che ricordiamo gli errori passati si risveglia nel cuore anche il sottile fascino che il male aveva esercitato in noi, tanto da portarci ad offendere Dio ed i fratelli. È pericoloso è falso lasciarsi toccare dalla nostalgia del male. Denuncia la nostra poca fede in Dio, nella sua capacità di riempire di vera gioia il nostro cuore, testimonia che non crediamo alla gioia del Vangelo, alla beatitudine promessa per chi cammina con Dio. Domandiamo al Signore la grazia di poter chiudere davvero la porta del nostro cuore alla nostalgia del male, per incamminarci con decisione verso un futuro di bene da costruire insieme.

In questa preghiera vorrei rinnovare al Signore la supplica che si possa anche chiudere la porta su questa esperienza di dolore e di timore che per tutti noi è stato il terremoto. Da ogni cosa che accade si può trarre un insegnamento di bene ed una occasione di crescita e di purificazione. Nel tempo potremo riconoscere che anche questa tragica esperienza di fragilità e di povertà ci ha fatto crescere nel bene e nella fede. Ma ora, ben coscienti della nostra fragilità e dei nostri limiti, invochiamo dal Signore, per intercessione dei nostri santi patroni, che ci sia risparmiato questo cammino così faticoso. Che si chiuda la porta su questa esperienza, per iniziare un tempo nuovo di serenità e di ricostruzione, non solo degli edifici, ma anche dei cuori. Incontrando la nostra gente ho infatti potuto riconoscere le peggiori crepe e del terremoto proprio nei cuori spaventati e stanchi di tanti nostri fratelli più fragili e più piccoli.

Vogliamo iniziare un cammino nuovo ed in questa celebrazione lo significa il conferimento dei Ministeri di lettori ed accoliti a dei fratelli che si sono generosamente messi a disposizione di tutta la Chiesa Diocesana per questo servizio.

Cari lettori, per rafforzare la nostra speranza abbiamo bisogno di un rinnovato annuncio della parola di Dio, di un risveglio nell’impegno della catechesi non solo verso i bambini, ma anche verso i giovani e gli adulti. La speranza e la carità si nutrono di fede e la fede giunge dall’ascolto dell’annuncio della parola.

L’esperienza di carità e di accoglienza nei confronti di quanti sono stati più duramente colpiti dal terremoto, ci rende coscienti di quanto sia prezioso che nella chiesa molti si dedichino al servizio della carità. A quell’atto di amore che non è soltanto distribuire il pane eucaristico, ma anche il pane materiale, e il prezioso nutrimento del conforto e della consolazione per chi soffre. È questa la missione che affidiamo in particolare ai futuri accoliti.

Infine vogliamo rinnovare tutti i nostri impegni di vita credente. Rinnoveremo perciò le promesse del nostro battesimo, gli sposi le promesse matrimoniali, i consacrati gli impegni assunti nel loro stato di vita, i sacerdoti ed io stesso le promesse della nostra ordinazione.

Sostenuti dallo sguardo materno di Maria, Madre della Misericordia, incamminiamoci con fede verso il futuro che ci attende.

 

condividi su