Omelia Festa di S. Giuliano

31-08-2015

Quando celebriamo la festa di un Santo, accanto alla parola di Dio abbiamo la parola della tradizione.

Non dobbiamo confondere il valore delle tradizioni umane con la Parola che giunge dall’alto, ma sarebbe un errore non ritornare a ciò che le generazioni precedenti hanno narrato su san Giuliano, come ad un prezioso insegnamento per la vita di ogni credente e di ogni epoca. I racconti antichi, come la leggenda di san Giuliano tramandata da Jacopo da Varagine nella Legenda aurea del XIII secolo, hanno un contenuto che non va letto solo con gli occhi dello storico, ma anche con l’attenzione al loro ricco significato simbolico.Secondo la leggenda il nostro san Giuliano è un giovane fortunato, che rincorre il successo e lo consegue al massimo, almeno secondo le idee del tempo: diventa cavaliere, conquista un castello, sposa una bella dama. Ma nella sua vita giunge il dramma, quando accecato dalla gelosia, dal timore di perdere tutto quello che ha conquistato, uccide nella notte il padre e la madre, che aveva abbandonato e che non è stato più capace di riconoscere. Senza dover scomodare Freud e la psicanalisi, la lezione simbolica di questa prima parte del racconto sembra chiara e vale anche per noi. Nulla di male nel rincorrere il successo ed il benessere. Ma il rischio è che ci dimentichiamo che la vita non è nostra proprietà, ma che ci è stata donata dai nostri genitori ed attraverso essi da Dio. San Giuliano, che dimentica di essere una creatura e non il creatore, giunge così a compiere l’errore più grave. L’enciclica Laudato Sii di papa Francesco ed il Convegno della Chiesa italiana a Firenze, a cui ci stiamo preparando, ci ricordano che la vita prende il giusto senso quando usciamo dal nostro egoismo e ci riconosciamo creature, legati a Dio ed agli altri.

L’antichissima storia di san Giuliano continua, narrando come insieme alla moglie decida di diventare pellegrino, per espiare la sua colpa, finchè il Signore non gli indicherà che ha raggiunto la sua meta. I genitori di san Giuliano si erano fatti pellegrini per cercare il figlio fuggito, immagine di Dio che come un padre ed una madre non cessa di cercarci. Ora il nostro santo e la sua sposa ci insegnano che è diventando pellegrini che si riscopre il vero senso della vita. Bisogna mettersi in cammino per comprendere chi siamo, con i nostri peccati e le nostre virtù e cosa Dio vuole da noi.

In questo nuovo anno pastorale che abbiamo davanti, ci attende la grande sfida spirituale del Giubileo della misericordia. Lo vivremo, secondo le indicazioni del Papa e l’esempio di san Giuliano, facendoci pellegrini. Se il pellegrinaggio però fosse fatto solo con i piedi e non fosse un vero itinerario del cuore, il suo valore sarebbe ben modesto. Siamo chiamati a metterci in cammino per ritrovare il giusto senso della vita, che va dal dono ricevuto nella nascita al dono restituito nella morte. Alla fine dei nostri giorni restituiremo a Dio una vita arricchita dal bene compiuto, o svuotata di ogni valore dall’egoismo e dalla disattenzione agli altri? Questa è la domanda cruciale! La storia di san Giuliano culmina quando la famiglia di pellegrini, composta da Giuliano e dalla sua sposa, diventa una famiglia di “Ospitalieri”. Oggi sarebbe facile applicare la tradizione di Giuliano ospitaliere alle sfide che la società e la storia ci pongono davanti. Ospitare e non scartare, accogliere e non erigere mura di cinta, salvare e non gettare in mare, sono parole che ognuno riconosce come vere.

 

Perché però facciamo tanta fatica ad essere ospitali? Perché se giustamente l’Italia fa un passo in più in questa direzione, l’Europa non la segue? Anzi paura e la chiusura di certi stati sembra contagiarci?

La nostra storia ci insegna che: S. Giuliano è diventato ospitaliere, perché per tanti anni è stato pellegrino e si è lasciato educare dal pellegrinaggio. Il pellegrinaggio infatti educa ad una ricchezza di umanità, se ne comprendiamo il valore che abbiamo sopra descritto: la vita non è la nostra, ma è insieme un dono ed un compito. Inoltre il pellegrinaggio educa chi lo compie a crescere in umanità ed ospitalità, mano a mano che impara a vincere le tre tentazioni del pellegrino.Sono infatti soprattutto tre le tentazioni che ogni pellegrino deve sempre sconfiggere e che nascondono tre grandi valori che rendono poi ospitalieri.

La prima tentazione è quella di seguire la massa. Il pellegrino non è un vagabondo che cammina senza sapere dove andare, per cui segue dove va la massa senza chiedersi se è la direzione giusta. Il pellegrino ha una meta e porta nel cuore una preghiera: Signore guidami sulla via della vita!

La seconda tentazione è quella di abbandonare l’impresa quando compaiono le difficoltà, di far marcia indietro quando le cose diventano difficili e non vanno secondo i nostri calcoli, quando dobbiamo rinunciare a qualcosa, perchè se siamo troppo carichi di cose non possiamo camminare. Il pellegrino sa fare sacrifici e porta nel cuore una preghiera: Signore fa che non tema di portare la croce!

La terza tentazione è quella di camminare da soli. S.Giuliano si fa pellegrino con la sua sposa perché nel cammino della vita ha vinto la tentazione di voler camminare senza gli altri, senza contare su di loro, senza considerarli, senza guardarli, senza dare una mano quando ne hanno bisogno. Il pellegrino non è chiuso nell’egoismo e porta nel cuore una preghiera: Signore fa che guardi ad ogni uomo come ad un fratello!

Chiediamo a san Giuliano di aiutarci in questo Anno Santo a diventare veri pellegrini sulle strade di Dio ed aprendoci al dono della misericordia diventare un popolo ospitale, che sappia rispondere insegnando al mondo, con i fatti e non solo a parole, la giustizia e l’amore.

 

 

 

 

 

condividi su