Omelia Ordinazioni diaconali di Mattia Sagripanti, Carlos Arturo Berrio Lara e Gianmarco Paoletti

15-10-2024

Carissimi Carlos, Gianmarco e Mattia,

la Parola di oggi e la lettura di Genesi che avete scelto per questo giorno illuminano il senso ed il valore di questa liturgia di ordinazione.

La storia di Giuseppe in Genesi traccia il valore di una vocazione speciale, che questo penultimo figlio di Giacobbe, comprenderà solo alla fine di una esistenza piena di prove e di grazie. Ci sono tanti punti di incontro tra la sua vocazione e la vostra, che oggi vive un significativo passaggio di maturazione.

Giuseppe dovrà faticosamente ricostruire l’unità di una famiglia dilaniata da gelosie ed invidie, e non è una famiglia qualsiasi, ma quella dei figli di Giacobbe, che la Bibbia chiama anche Israele. Così Giuseppe, attraverso un cammino di verità e di perdono, riunificherà i figli di Israele che erano dispersi.

Questa è la prima parte della sua vocazione: ricostruire, donando la verità ed il perdono, l’unione del popolo di Dio, i figli di Israele.

La seconda parte di questa vocazione è ancora più sorprendente: mettendosi a servizio addirittura degli egiziani, i nemici giurati del popolo di Dio ed infine come umile e fedele servo dello stesso Faraone, che nella Bibbia è l’immagine del senza-Dio per eccellenza, Giuseppe diventerà “causa di salvezza e di vita di un popolo numeroso” (Gn 50,20).

La storia di Giuseppe insegna così che la vocazione di ogni uomo di Dio, di ogni diacono, cioè “servo del Signore” è: donare generosamente verità e perdono a tutti, servendo con umiltà e fedeltà i fratelli, perché tutto il mondo sia unito e viva.

Potreste già riconoscervi un bel programma di vita per il vostro diaconato.

Un sacramento che ingiustamente, a mio avviso, viene definito transeunte, provvisorio. Infatti, se a Dio piacendo diventerete presbiteri, ed anche poi vescovi (Dio ve ne liberi), tuttavia non cesserete mai di essere diaconi del Signore e del suo popolo.

Dice un bel documento della Congregazione del 1998 sul Diaconato: “In quanto grado dell’ordine sacro, il diaconato imprime il carattere e comunica una grazia sacramentale specifica. Il carattere diaconale è il segno configurativo-distintivo impresso indelebilmente nell’anima, che configura chi è ordinato a Cristo, il quale si è fatto diacono, cioè servo di tutti”.

Giuseppe, servo del Signore e del suo popolo, nel brano che abbiamo appena letto offre un altro insegnamento prezioso. Con il diaconato voi scegliete di Servire Dio ed il suo popolo nel celibato. Questa scelta non vuol disprezzare in nessun modo il matrimonio e soprattutto il matrimonio cristiano.

Giuseppe, tentato di mettere in pericolo il matrimonio del suo signore, si rifiuta decisamente e definisce il peccato contro il patto matrimoniale “un peccato contro Dio”, un vero sacrilegio. Il vostro celibato non disprezza il matrimonio e la famiglia, anzi, ben cosciente della loro grandezza che necessita di essere vissuta con tutto il cuore, sceglie di “non dividere il cuore”, di amare Cristo con cuore indiviso.

Scegliete il celibato per dedicare il vostro cuore tutto al Signore ed al servizio a Lui ed al suo popolo. È una vocazione grande, da custodire con la preghiera e da domandare come grazia all’intercessione di tutti i santi, a partire da Santa Teresa d’Avila di cui oggi celebriamo la festa.

La seconda lettura ci ha ricordato il valore della libertà. Liberamente siete giunti a questo giorno, ma sarete liberi solo se ogni giorno sceglierete di nuovo il Signore ed il Suo servizio. La libertà e la fedeltà ad una scelta di vita vanno costruite ogni giorno, nella preghiera e nel dono di sé. Non basta un “sì” generoso se è solo entusiasta ed emotivo e non si rafforza nella fedeltà del quotidiano. Siate liberi davvero essendo ogni giorno liberamente fedeli alla vostra scelta.

Il Vangelo di oggi ci ricorda poi che il legame con Dio si gioca nell’intimo del cuore. Nessun rito, ne usanza o tradizione esteriore basta a rafforzare questo legame con il Signore se non raggiunge il cuore. Quando pregate, quando scrutate la Scrittura, quando annunciate il Vangelo, quando servite nella carità i fratelli, qualunque cosa facciate vivetela al livello del cuore, nella verità e nel dono.

Gesù si scandalizzava della fede superficiale ed ostentata dai farisei, li chiamava perciò ipocriti dalla parola ὑπόκρισις che significa “recitazione”. Non recitate mai, né con Dio né con i fratelli.

Siate liberi, veri e generosi, servi del Signore e del suo Popolo e la benedizione del Padre, l’amore di Cristo e la forza dello Spirito faranno fiorire la vostra vita nel bene.

Questo vi auguriamo tutti noi: i vostri vescovi, le vostre famiglie, il seminario, le comunità del Cammino ed i catechisti che vi hanno trasmesso la fede, e tutto il popolo di Dio che vi accoglie e vi fa corona in questo giorno.

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