Omelia Ordinazioni Presbiterali

12-05-2018

Cari fratelli,
non pensate che sia un caso il fatto che la vostra ordinazione presbiterale sia inserita in questa celebrazione dell’Ascensione del Signore, che si apre questa sera e vive domani la sua pienezza. Nulla considerate un fatto casuale, nulla nei disegni di Dio avviene mai a caso. E non considerate nemmeno casuale che domani, il 13 maggio, sia un giorno particolarmente significativo per i devoti di Maria Santissima, che sentono di avere un particolare legame con questo giorno, nel ricordo della Madonna di Fatima. Il giorno in cui la Madonna ha salvato san Giovanni Paolo II. La nostra vita cammina sulla terra, ma va al ritmo del cielo. Per noi che crediamo la vita non è solo qui, ma ha sempre uno sguardo rivolto più in alto e più nel profondo. Le cose che accadono in questa vita prendono senso e valore se prima di tutto comprendiamo che ciò che facciamo, non lo facciamo noi ma Dio. Papa Francesco ripete spesso questa idea con una espressione spagnola che non esiste in italiano: “a Dio piace primear”, anticipare, essere colui che ci traccia la strada. Sono certo che voi, nella vostra vita, questo l’abbiate sperimentato tante volte. Quando qualcuno pensa d’essere arrivato a una tappa, in un posto di prestigio e di esserci arrivato da solo, magari con tanta fatica, con un’evoluzione interiore, con molto impegno, in realtà si rende conto che il Signore lo ha preceduto. Il Signore vi precederà sempre! Il Papa lo ha ricordato nel bellissimo discorso tenuto recentemente per il 50º del cammino, in cui ha detto: ogni volta che andate a portare l’annuncio, sappiate che il Signore, il suo Spirito vi hanno preceduto e vi hanno preparato la strada”. Gesù salendo al cielo ci prepara la strada, ci indica la via e va a primear ad aprire la strada.
Per questo non dobbiamo aver timore di sentirci piccoli, inadeguati. Prima, Don Mario, per rispondere alla domanda del vescovo ha dovuto dire: “dalle informazioni assunte presso il popolo cristiano sono certo che ne sono degni”. Credeteci, credete che tutta la preghiera della Chiesa vi ha reso un po’ degni di questo dono. Non che siete stati bravi, ma che tutta la preghiera della Chiesa vi ha reso un po’ degni di questo, anche se sarete sempre piccoli ed inadeguati, come sempre tutti noi siamo piccoli ed indegni. Infatti tutti noi, ogni volta che celebriamo l’eucarestia, dopo aver constatato che per la parola di Cristo che noi abbiamo ripetuta Cristo si è fatto davvero presente, realmente presente nel pane del vino, diciamo: “mistero della fede!”. Che questo stupore non vi abbandoni, che non vi abbandoni mai lo stupore che attraverso voi Cristo si fa presente nella sua Chiesa.
Deve restare vivo ogni giorno lo stupore di chi si sente peccatore, fragile, ma sa che Dio fa grandi cose attraverso di lui: “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”, grandi cose ha fatto per me, attraverso di me l’Onnipotente.
Come vivere questo? Come vi dicevo prima della celebrazione: oggi è solo l’inizio. Qui si comincia a diventare preti. Oggi cominciate a diventare presbiteri, perché la stola definitiva, quella dell’ordinazione perenne, ve la darà il Signore quando l’incontrerete. Quando chiudendo la nostra esistenza terrena, entrando nel cielo, in quel giorno riceveremo la stola definitiva. Fino a quel momento anche il vescovo è un apprendista prete e come ricorda la dalmatica che indosso è anche un apprendista diacono ed è un apprendista vescovo.
Soprattutto la seconda lettura di questa festa portatevela dietro da questo giorno, portatevela dietro come una regola di vita. In questa lettera agli Efesini il Signore ha illuminato Paolo a dire con grande chiarezza: prima di tutto e più di tutto coltivate in voi i sentimenti che Gesù ci ha testimoniato, vivendo da uomo. Gesù, vivendo in pienezza la sua umanità, ci ha testimoniato sentimenti di umiltà, di mansuetudine, di pazienza.
Che i suoi sentimenti siano i vostri! Prima di assomigliare a Cristo sommo sacerdote, assomigliate a Cristo uomo: confrontatevi ogni mattina col Vangelo. Si vorrete essere preti, siate uomini sul modello di Cristo! In quel testo poi Paolo parla della Chiesa e di come tutte le vocazioni contribuiscono a costruire la Chiesa. Con una forte insistenza sul tema di costruire l’unità della Chiesa. Costruite l’unità del presbiterio! Costruite l’unità della parrocchia! Costruite l’unità delle comunità a cui andate!
Le comunità che pregano, danno una grande testimonianza. Così le comunità generose, le comunità attente agli altri, danno una grande testimonianza. Ma se sono divise che testimonianza cristiana possono dare al mondo? Costruite l’unità! L’unità delle comunità di cui fate parte. L’unità delle comunità che vi sono affidate, l’unità delle comunità parrocchiali, fino all’unità della grande comunità della Chiesa. Un prete un po’ di giorni fa mi ha detto: “ho capito che in lei c’è una fissazione, tenere tutti uniti!” Ha capito bene! Perché sò che questo è quanto il Signore ci chiede. Per questo chiedo a voi: lavoriamo insieme all’unità. Servono quei sentimenti umani e poi serve quello che dice Paolo parlando dell’Ascensione, il motivo per cui questo testo di Efesini è stato messo qui, proprio nel giorno dell’ascensione. “Salendo al cielo, ha portato con sé prigionieri, per distribuire doni agli uomini”.
Come si costruisce l’unità della Chiesa? Non la costruiamo noi! La costruisce Cristo in due modi: facendoci suoi prigionieri e donando i doni dello Spirito.
L’unità della Chiesa si costruisce innanzitutto a partire dai doni dello Spirito. Da tutte le ricchezze che lo Spirito dona alla sua Chiesa. Non dimenticate mai quell’elenco di doni, perché la chiesa si costruisce quando si valorizza la ministerialità di ognuno, i doni dello Spirito che ciascuno ha ricevuto.
Non potrete mai costruire la Chiesa senza le famiglie, senza le famiglie che fanno fruttificare il dono del loro matrimonio. Così non potrete mai costruire la Chiesa senza i battezzati, i cristiani che fanno fruttificare il dono del loro battesimo, che ne diventano coscienti, che ne lodano il Signore e che si sforzano di viverlo in pienezza. Senza tutto questo non si costruisce la Chiesa.
Così con tutti gli altri ministeri ed anche i ministeri istituiti. Non si può costruire la Chiesa senza i diaconi, senza l’unione dei Vescovi ed il Papa, che tutti ci mantiene nell’unità. Per attuare questo il Cristo, oltre tutti i doni dello Spirito, dice Paolo, “Ci ha fatti suoi prigionieri”. Un amico, quando stavo per diventare prete, mi disse: “ti ha incastrato bene!”. Il Signore, dal suo punto di vista mi aveva incastrato. E diceva la stessa cosa a chi si sposava. Per lui il matrimonio e l’ordinazione erano due paia di manette. Questo invece è il grande dono di Cristo! Siamo suoi prigionieri ed un prigioniero non può fare tutto quello che gli pare, un prigioniero è condotto. Siate gioiosi di essere prigionieri di Cristo! Regalandogli la vostra libertà, fate sì che possa fruttificare!
Nel suo ben discorso al Cammino, il Papa ha detto una cosa molto importante, contenuta anche in tutto questo discorso che vi ho fatto quando ho cominciato dicendo: “siate uomini dalla piena maturità in Cristo!” Cristo vi deve essere di esempio. Lui ogni giorno ha regalato al Padre la sua libertà, senza però perdere nulla della sua dignità. Siate prigionieri di Cristo, ma di nessun altro! Di nessuna realtà o persona. Prigionieri, ma non del peccato, non dell’ambizione, non della vanagloria, non del servilismo verso gli uomini. Siate liberi da tutto questo. Prigionieri di Cristo, riconsegnando ogni giorno a Lui la vostra libertà ed attraverso quei segni che Cristo pone sul nostro cammino per indicarci la via dell’obbedienza. Quando, stringendovi le mani, prometterete a me ed ai miei successori filiale rispetto ed obbedienza, sarete prigionieri Cristo e il vescovo
cercherà di aiutarvi a mantenervi prigionieri di Cristo. Accettate il servizio del Vescovo, ma da uomini! Non voglio degli schiavi, non voglio servilismi, ma dei liberi prigionieri di Cristo, di cui anch’io sono prigioniero!
Aiutiamoci nella corresponsabilità, nella diversità dei ruoli, ma nella corresponsabilità, che passa per la schiettezza. Dei primi cristiani si diceva che avevano il dono della “parresia”. Abbiate il coraggio di avere questa schiettezza con me e con i miei successori. Non vi prometto che andrà tutto bene. Nella mia vita ho sempre provato ad essere schietto con il mio vescovo: chiarissimo nel dirgli quello che avevo nel cuore, poi disposto ad obbedire. Sono finito male… come vedete. Quindi attenti: è pericoloso essere schietto ma obbediente. E’ pericoloso, si finisce male… Però non conosco altra via per seguire il Signore. Che Lui vi aiuti, vi benedica e benedica tutte le persone che sono qui e tutte le persone che hanno, pezzettino per pezzettino, costruito la vostra vocazione. Perché un prete non è una persona che si fabbrica da sé. Un prete è come un mosaico: è bello quando appare un’unità, ma in sé è fatto di tanti pezzettini, tante tessere, ognuna donata da una persona diversa. La vostra vocazione, che a noi appare come un’unità, è in realtà un mosaico di tanti pezzettini, di tanti che ve l’hanno donata. Ogni tanto ricordatevi di ringraziare soprattutto le persone che hanno sofferto per voi. Perché c’è sicuramente tanta gente che perché voi arrivaste a questo ha sofferto ed offerto la propria sofferenza. Per questo abbiate coscienza di quanto è sacra e preziosa questa vocazione. Non è roba vostra, vi è stata donata dal popolo di Dio, dalle sue preghiere, dalle sue sofferenze offerte, dal suo amore. È un grande mistero di cui essere grati. S. Giovanni Paolo II definì così la vocazione: “dono e mistero”, così sia dono e mistero di cui essere grati a Dio ed ai fratelli per sempre.

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