La liturgia delle Ceneri apre il cammino della quaresima e la primissima parola che inizia questa celebrazione l’abbiamo ascoltata nella prima lettura tratta del profeta Gioele: “Ritornate a me con tutto il cuore”.
In queste poche parole c’è già tutto, soprattutto se le leggiamo con l’aiuto della sapienza dei primi grandi spirituali cristiani, quelli che vengono chiamati i Padri del Deserto, i primi monaci, tra cui conosciamo tutti sant’Antonio Abate morto nel 356, le cui parole sono giunte fino a noi.
La prima cosa importante che dice il profeta è il modo giusto di guardare questo tempo, che solitamente vediamo come tempo di penitenza, di preghiera, di dolore dei peccati per convertirci. Tutto vero, tanto che poi Gioele continua “Ritornate a me con digiuni, con pianti e lamenti”, dove per “lamenti” dobbiamo intendere la preghiera di quei salmi penitenziali che hanno proprio questo nome. Ma l’ordine delle cose è importante: prima di tutto deve convertirsi il cuore, ed è il cuore che deve tornare a Dio. Dice infatti ancora Gioele: “laceratevi il cuore e non le vesti”.
Un detto di sant’Antonio ci illumina: “Non appesantirti del tuo peccato, neanche col pretesto di fare penitenza. Perché se ti fissi sul peccato, non fai altro che mettere sempre al centro te stesso”.
Anche nelle pratiche della penitenza, dice il sento monaco, dobbiamo stare attenti alla direzione del cuore, cioè dell’intimo, della sorgente dei nostri pensieri, emozioni e desideri. Dove è volto il tuo cuore? Per fuggire davvero dal peccato e dal male il nostro cuore deve essere rivolto a Dio, deve rivolgersi verso di Lui.
I tuoi pensieri a chi sono rivolti? Ed i tuoi desideri? E le emozioni più forti della tua vita? Se il nostro cuore non è rivolto a Dio ma a noi stessi, qui sta la radice di ogni peccato ed ogni vera conversione è lontana.
Per questo il salmo 86 riassume la spiritualità biblica nell’invocazione: “Donami un cuore semplice che tema il tuo nome” che potremmo tradurre più chiaramente “Donami un cuore unificato che ti riconosca per nome”, un cuore tutto teso all’incontro, alla comunione profonda con Dio. A quella confidenza che vivono due amici che si chiamano per nome.
Sempre Antonio parlando della lotta contro il peccato che anche i monaci del deserto dovevano sostenere dice: “Chi vive nel deserto e cerca la pace è liberato da tre guerre: quella dell’udito, quella della lingua, quella degli occhi. Gliene resta una sola: quella del cuore”. Cioè la fuga dal mondo aiutava i monaci perché avevano meno distrazioni dall’essere concentrati in Dio. Il monaco, difeso dal deserto, non ha occasioni pratiche di sentire o dire cose che distraggono da Dio, né di vedere cose che attraggano altrove i suoi pensieri, desideri ed emozioni. Ma il centro del combattimento spirituale è sempre nel cuore umano, anche un monaco del deserto se non ha un cuore volto verso Dio, ma è concentrato su di sé, diventa preda del male.
La conversione, la lotta contro il peccato inizia nel cuore.
E la prima cosa da fare è imparare a conoscere il proprio cuore, a discernere le presenze che lo abitano. Dice Gesù: “Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo” (Mc 7,21-23).
Il grande segreto è allora lavorare per ripulire il proprio cuore da tutto quanto lo inquina perché possa volgersi verso Dio. E questo lavoro si fa soprattutto riempiendo il cuore con la voce di Dio che risuona nella sua parola.
Un altro grandissimo padre della Chiesa, San Giovanni Crisostomo esortava perciò con passione anche i laici a pregare e a leggere la Parola di Dio. Dice in un’omelia: “Qualcuno protesterà: ‘Io non sono monaco né anacoreta, ho moglie e figli e mi prendo cura della mia famiglia’. Ecco la grande piaga dei nostri tempi: credere che la lettura dei vangeli sia riservata solo ai monaci” (Om. su Mt 2,5). E ancora: “La lectio divina, le veglie … perché proporre queste cose a noi che non siamo monaci? Lo chiedete a me? Andate a dirlo a Paolo che ha insegnato: ‘Vegliate e pregate’ (Col 4,2)” (Om, su He 7,4).