Omelia per Lucia Giustozzi

Consacrazione solenne e perpetua di Lucia Giustozzi nella Comunità dei “Figli del Sacro Cuore di Gesù” Associazione Mariana “Regina dell’Amore” di Macerata
26-05-2018

Consacrazione solenne e perpetua di Lucia Giustozzi nella Comunità dei “Figli del Sacro Cuore di Gesù” Associazione Mariana “Regina dell’Amore” di Macerata
Omelia di S.E. mons. Nazzareno Marconi
Stiamo Celebrando le nozze perché noi non siamo fatti per stare da soli: “non è bene che l’uomo sia solo” e nemmeno la donna. Noi siamo fatti per celebrare le nozze, cioè per uscire dalla solitudine ed entrare nella comunione ed entrare in quella comunione che prima di tutto e più di tutto è comunione con Dio. Solo se c’è la comunione con Dio, solo se ci sono le nozze con Lui, c’è questo ingresso nella comunione, allora il nostro cuore è capace di vivere anche la comunione con gli altri. Questo è il cuore della nostra fede.
Nella prima lettura c’è uno schema chiaramente nuziale: Dio si va a scegliere un popolo in mezzo agli altri popoli, come lo sposo si va a scegliere la sua sposa. E nel patto d’alleanza la formula è nuziale: “io sarò il tuo Dio e tu sarai il mio popolo”. Come nel rituale delle nozze ebraiche lo sposo dice: “io sarò per sempre il tuo sposo e tu sarai per sempre la mia sposa”. Noi siamo chiamati alle nozze, siamo chiamati alla comunione con Dio. E questa vita è tutta, da sempre e solo un grande fidanzamento. Questa vita è solo un grande fidanzamento perché come dice l’Apocalisse: “lo Spirito e la sposa dicono vieni, vieni Signore”. Tutta questa vita sulla terra è un’attesa, finché non saremo di là. Finché non saremo nel per sempre la comunione sarà sempre imperfetta. Quindi le nozze non saranno mai celebrate del tutto in questa vita. Siamo nel tempo dell’attesa ed è un fidanzamento, c’è un allenamento, una preparazione e ci sono due segni grandi, che le persone vivono, per indicare la via giusta per prepararci a queste grandi nozze con Dio. Uno è il segno del matrimonio. Nel matrimonio si vive nella relazione tra uno sposo della terra e una sposa della terra, che si vedono, si toccano e si brontolano anche, si dicono infatti: “datti una mossa, non stiamo camminando nella comunione”. Così si vive questa preparazione, questo imparare ogni giorno la comunione. E la si impara in due, dandosi una mano. E’ un grande aiuto il sacramento del matrimonio! E’ una cosa grandissima, perché ci insegna la comunione. Qualche volta anche per forza; ne abbia bisogno. È una grande sfida il matrimonio, perché ti fa capire che la comunione è uscire da te. Perché devi sempre riuscire da te per andare verso l’altro. Il matrimonio però diventa da una parte un aiuto e da una parte un limite. Perché se tu vivi il matrimonio come la chiamata alla comunione solo con il tuo sposo, solo con la tua sposa e non diventate qualcuno che ti apre il cuore, ma qualcuno che ti rinchiude, sono guai. Ci sono così certe coppie troppo strette, che alla fine si asfissiano. Se il matrimonio non è un’apertura del cuore, rischia di essere un limite.
C’è perciò un’altra testimonianza della nostra vocazione alle nozze: è quella della consacrazione del cuore. Che si vive in tanti modi: io la vivo nel sacramento dell’ordine sacro, Lucia la vivrà nella vita consacrata. Con la consacrazione del cuore si tenta di fare una pazzia, perché la consacrazione è una pazzia. Solo chi è innamorato capisce! È una pazzia che tenta di dire: siccome il nostro cuore è fatto per la comunione con Dio, io la vivo da subito. Vivo come se fossi già di là, come se il tempo si fosse consumato, come se il regno fosse giunto. Lo so benissimo, sappiamo benissimo che non è così. Se fossimo proprio razionali, se ragionassimo un po’ di più diremmo: come puoi vivere la pienezza della comunione con Dio qui, tu che ancora stai in mezzo a questo mondo, con tutti i limiti di questo mondo, con tante cose che ti strappano dal Signore. C’è veramente il rischio di illudersi, c’è un rischio reale di illudere ed illudersi. Ma se uno è “un po’ matto”, il Signore accetta che qualche cuore “un po’ matto” ci ricordi che siamo fatti per la comunione con Dio e ce lo ricordi buttandosi col cuore già nel tempo del per sempre e vivendo già da ora come segreto fondamentale della propria vita, la comunione con Dio.
Ma qual è il pericolo in questo caso? È che non c’è un lui o una lei che ti brontolano tutte le volte che ti rinchiudi nell’egoismo. E siccome il nostro cuore è segnato dal male, c’è il male c’è nostro cuore fragile, allora per vivere bene questa pazzia c’è davvero bisogno di tenere il cuore aperto. Altrimenti la consacrazione potrebbe diventare un bellissimo modo per essere dei “single” egoisti e non c’è niente di peggio. Non c’è niente di peggio, non l’ho detto io, ma Papa Francesco. Ha detto con più forza di me: “guai a diventare acidi!”
Come si fa a vivere questa pazzia della consacrazione senza rinchiudersi nell’egoismo?
Il rito che celebriamo è quello delle nozze: nelle nozze la sposa si presenta davanti allo sposo e poi vanno a vivere nella casa nuziale. Qui fai bene attenzione: la casa nuziale non è la comunità. La comunità è un aiuto, ma la casa nuziale è il tuo cuore. Gesù non vuol vivere in una casa di mattoni, vuol vivere nel tuo cuore. Quello che prometti adesso è un aiuto per accogliere il Signore nel cuore e per mantenere il cuore aperto alla comunione con Dio e con i fratelli, per non cadere nella viltà di un cuore chiuso. Come si fa se tu vuoi accogliere Gesù nella casa nuziale che è il tuo cuore? Gli devi fare posto. Quando lo sposo e la sposa vanno nella casa nuova, la prima cosa che fanno è che la ripuliscono, l’imbiancano, buttano via mobili vecchi. Si tratta di fare posto. A questo servono le promesse, i voti che farai, e non dimenticare che votum dal latino vuol dire: desiderio. I tre grandi desideri con cui tu dici al Signore: “aiutami a vivere così!” In realtà sono tre operazioni di apertura del cuore, di pulizia della casa, si tratta di liberarsi da cose ingombranti perché il Signore possa entrare.
Il voto di castità non è un vuoto di chiusura e di rinuncia, ma significa liberare il cuore: che nel cuore non ci siano altri. Se nel cuore ci fossero altri il Signore non troverebbe posto. Un cuore casto è un cuore libero per Dio e per i fratelli. Ance la promessa di povertà dona un cuore libero, un cuore non attaccato alle cose, un cuore aperto a ricevere tutte le ricchezze che Dio ti dà, perché le altre ricchezze non ci sono, non ti interessano. Ed infine il voto d’obbedienza aiuta a trovare, nella relazione con le sorelle con i fratelli e con i superiori, quell’aiuto che all’interno del matrimonio è dato dallo sposo alla sposa e dalla sposa allo sposo. Nel matrimonio ogni volta che percepisce che l’altro si rinchiude, che l’altro si lascia prendere dall’egoismo, che l’altro pensa solo a sé stesso, lo sposo dice alla sposa: “Smetti di pensare solo a te, ci sono anch’io”. La sposa dice allo sposo: “Smetti di pensare solo a te ci sono anch’io”. Così il voto d’obbedienza è accettare che una sorella, un fratello ti dica: “Lucia stai pensando un po’ troppo a te stessa, invece ci sono i fratelli, c’è il mondo”.
Tutto questo apre il cuore alle nozze ed il Signore può entrare e iniziare a vivere in questa stanza nuziale che è il tuo cuore, che deve essere il tuo cuore. Sii strana! Si deve sentire che sei strana. Non nel senso negativo di mezza matta, ma nel senso positivo che quando le persone ti passano accanto devono sentire che tu sei un pezzettino di qua, ma tanto di là. Un poco in terra e tanto in cielo. Tutti abbiamo tanta nostalgia del cielo ed abbiamo bisogno di persone che, con la loro stranezza, con il loro essere con un piede qui e un piede nella casa di Dio, con loro portare Gesù nel cuore, ci dicono che è possibile. Ci fanno sentire nostalgia del cielo. Ci fanno sentire che qui siamo ospiti e pellegrini, che questo è solo un momento provvisorio. Mi piace una parola della tradizione, parrocchiano, dal greco parà oikia che vuol dire: uno dall’abitazione provvisoria. La parrocchia è un’abitazione provvisoria, ci ricorda che noi qui ci stiamo momentaneamente, fermi un attimo, ma proiettati verso il cielo.
Ringrazio il Signore ed anche voi perché questa celebrazione mi dà l’occasione di un ruolo molto bello. Nel rito delle nozze ebraiche, quelle che hanno celebrato Maria e Giuseppe, quelle a cui si riferiva Gesù parlando di Giovanni Battista, c’è un personaggio importante: è l’amico dello sposo. L’amico dello sposo, nel momento centrale delle nozze, prende per mano la sposa e la accompagna dal suo sposo. Io oggi mi sento l’amico dello sposo, sono qui a celebrare proprio questo accompagnarti dal tuo Sposo. E ciò con tutti voi, a cominciare dal papà e dalla mamma, dai fratelli, da tutta la Comunità. Accompagnarti a questo piccolo anticipo di nozze. Lucia, questo è l’antipasto: la torta nuziale la mangeremo di là però è davvero bello questo antipasto di cielo.

condividi su