Omelia San Giuliano

31-08-2014

La festa del nostro patrono ci invita a riscoprire uno dei fondamenti della spiritualità della nostra Chiesa diocesana. Ogni Chiesa diocesana ha infatti una propria identità storica e territoriale, segnata dai suoi santi e la vita dello Spirito, la vita di fede, ne è profondamente permeata.

La vita di una comunità credente, ci insegna S.Paolo, è la vita di un unico corpo vivo: “voi siete il corpo di Cristo e sue membra” (1Cor 12,27), che porta in sé i segni della sua storia. Il nostro corpo non è solo il nostro DNA, ma anche la nostra storia. Così il corpo della Chiesa diocesana è segnato dalla sue storia.

Quando due giovani si conoscono e si innamorano passano tanto tempo a raccontarsi, perchè sanno che non si può costruire il presente ed il futuro, senza la memoria viva e condivisa del passato.

Per questo il libro del Siracide, nella prima lettura di oggi, ci invita: “Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso?”. E’ il valore della memoria credente, che oggi la liturgia ci invita a celebrare.  Il nostro mondo contemporaneo invece sembra avere dimenticato questa sapienza. E’ un mondo senza memoria, che non percepisce il valore del ricordo. Il motivo è semplice e tragico: la società dei consumi in cui viviamo ha bisogno di masse, caratterizzate come “spettatori” degli innumerevoli spot commerciali e come “votanti” conquistabili dagli spot elettorali. Gli uni e gli altri è bene che non guardino al passato, neppure a quello recente.

Questo sguardo ricco di memoria potrebbe farci ricordare che gli acquisti fatti in passato, con l’illusione di trovare la felicità, si sono mostrati un imbroglio. Abbiamo soddisfatto desideri materiali, ma il cuore è rimasto vuoto e deluso. Oppure, sempre la memoria del passato, potrebbe renderci scettici verso le promesse elettorali di salvezza, fatte da uomini come noi, come noi fragili e fallibili. Ci è stata promessa la salvezza, ma i salvatori si sono spesso rivelati inadeguati.

Quando la gente comincia a coltivare la memoria, smette di essere una massa manovrabile e diventa un popolo, che sempre meglio sa dove vuol andare, riconoscendo le vie del bene, da quelle della distruzione e dell’illusione.

La memoria del nostro santo patrono è uno di questi preziosi tesori, da coltivare e trasmettere alle nuove generazioni.

La storia di san Giuliano, come una significativa parabola, si apre con una tragedia. Il nostro santo, accecato dalla passione della gelosia uccide per errore il padre e la madre. Potrebbe essere l’immagine simbolica del rischio che oggi viviamo. E’ tipica del nostro tempo la tentazione di lasciarci dominare dalle emozioni, vivendo in una costante ricerca di sensazioni nuove e forti. Il rischio aumenta se cediamo alla tentazione di cancellare le nostre origini, simbolicamente “uccidere il padre e la madre”, nell’illusione di vivere un eterno presente, senza ricordo e senza memoria.

Vorrei che ognuno si chiedesse: Chi è tuo padre? Chi è tua madre? Quali insegnamenti buoni ci hanno trasmesso? Quali errori, che loro hanno vissuto e di cui spesso sperimentiamo le amare conseguenze, ci insegnano ad evitare considerando la loro storia?

S.Giuliano si redime dal suo errore traghettando la gente da una sponda all’altra del fiume, simbolo dello scorrere della storia e del bisogno che ognuno ha di ritornare periodicamente indietro, verso la prima riva, per comprendere il senso del proprio cammino.

Dobbiamo imparare da lui a guardare al cammino percorso, e soprattutto alla riva da cui tutti siamo partiti: abbiamo avuto un padre ed una madre che ci hanno donato la vita. Questo è il primo fondamento: la vita non è nostra, ci è stata donata e dovremo renderne conto al Primo, originale donatore che è Dio.

Il desiderio penitenziale di san Giuliano, che muove gran parte della sua vita, nasce proprio dalla coscienza di dovere rendere conto a Dio del dono della vita e di come l’abbiamo impegnata nel bene.

In questa prima celebrazione della festa del Patrono, che presiedo come vostro vescovo, ho sentito un chiaro invito a riconoscere in queste immagini, una indicazione del mio servizio in mezzo a voi. Non vengo a vivere un episcopato fatto solo di presente, che cala dall’alto sull’onda dell’emozione e della ricerca di novità, magari promettendo un futuro luccicante, come se fossi “l’uomo della provvidenza”.

Entro invece nel grande fiume della storia di questa nostra Chiesa, come ha fatto San Giuliano: cosciente di essere solo un uomo, un uomo con le sue fragilità, i suoi limiti, i suoi peccati. Però desideroso di camminare sulla via del bene e disposto a traghettare, in questi anni che il Signore vorrà donarci, le nostre vite, lungo il fiume della storia, verso la sponda del Regno di Dio.

Per fare questo dobbiamo coltivare tutti una fede più ricca di memoria. Non “sopprimere” i nostri padri, ma riandare con costanza alla ricchezza dei loro insegnamenti, e dei loro valori, per camminare verso il futuro come un popolo saggio e buono, e non una massa facilmente manipolabile.

In questa omelia, tradizionalmente, il vescovo parla alla città, ed anche alle sue istituzioni e guide civili. Nel luglio 2013, Papa Francesco, durante un incontro con i seminaristi, i novizi e le novizie ci ha detto: Io dico sempre quello che affermava san Francesco d’Assisi: “Annunciate il Vangelo sempre. E, se fosse necessario, con le parole”. Cosa vuol dire questo? Annunziare il Vangelo con l’autenticità di vita, con la coerenza di vita. (…) La coerenza è fondamentale perché la nostra testimonianza sia credibile.

Queste parole del papa ci impegnano, come Vescovo e come Chiesa, a non parlare alla città in astratto, e dall’alto di un pulpito, ma a mostrare con la nostra vita ciò in cui crediamo.

Per questo mi rivolgo a tutti i credenti, all’inizio di questo anno pastorale, indicando le direttrici fondamentali del cammino che vogliamo percorrere, anche come valore e come testimonianza offerta a tutta la città.

Cercheremo perciò di tornare alle radici della nostra identità cristiana, nutrita della memoria della nostra chiesa diocesana, dei suoi pastori del passato e dei suoi santi. La tradizione credente, la fede popolare, sono il luogo vivo di questo ricordo. La fede popolare è un tesoro prezioso, sempre bisognoso di purificazione e di rinnovamento, ma che non dobbiamo perdere, anzi dovremo passarlo rinvigorito e purificato, alle nuove generazioni.

Lo scrigno più prezioso della memoria credente è certo la Parola di Dio. In essa è contenuto il ricordo vivo e sempre attuale di quanto il Signore ha fatto e detto per noi. Servire la Parola, senza mai servirsi della Parola, è l’obiettivo sempre valido di ogni nostra celebrazione, preghiera e catechesi. Ogni anno deve essere prima e più di tutto ritmato dall’ascolto della Parola e del Vangelo della domenica in particolare. Senza questa pastorale fondamentale, il resto rischia di essere emotivo e fragile.

Celebrare il ricordo vivo ed operante della salvezza, è il contenuto fondamentale della celebrazione dell’eucarestia. Vivere la messa, come la sorgente della preghiera e della vita di tutta la settimana del cristiano, dovrà essere la preoccupazione primaria dell’azione delle nostre comunità parrocchiali.

Vorrei infine che vivessimo quest’anno che abbiamo davanti come impegno e testimonianza di fede offerta a tutta la città, soprattutto con la concretezza di un amore che si fa carità, cioè amore concreto e vero.

Speriamo invece di non meritare il rimprovero con cui si chiude il brano del Siracide, “guai al cuore indolente che non ha fede”.

Mi impegnerò in prima persona, con l’aiuto di tutti i nostri presbiteri, diaconi e religiosi, per aiutare tutti, ma in particolare i giovani, a fare questo salto di qualità nella vita spirituale e di preghiera, per consolidare ed arricchire la nostra fede.

Dare una testimonianza di fede solida e operosa nel bene, è un dono prezioso che potremo fare a tutti, con umiltà e rispetto; anche a coloro che non credono.

Il mondo ha bisogno, oggi più che mai, di questa testimonianza della fede che si compendia nella parola centrale del vangelo di questa festa: “Come il tralcio che fa frutto, rimanete uniti a me”.

Che san Giuliano ospitaliere ci aiuti ad:

Ospitare Gesù nella nostra vita,

Ospitare Gesù nella nostra città,

Ospitare Gesù nel nostro futuro.

 

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