Verso un nuovo piano pastorale

17-06-2016

Verso un nuovo piano pastorale

 

Passi di un cammino sinodale.

Dopo due anni della mia presenza in Diocesi ed anche alla luce della bella esperienza del Giubileo della Misericordia, ritengo sia giusto mettere in moto il processo che ci porterà alla elaborazione del Piano Pastorale Diocesano per l’anno 2016-17.

Secondo il testo del nostro Sinodo Diocesano (151. 153) e le indicazioni per un cammino Sinodale di tutta la Chiesa date dal Papa nella EG ritengo, sia mio compito proporre con franchezza le tematiche e gli obiettivi che mi sembrano più urgenti e rilevanti.

A questa franchezza ponderata del Vescovo, dovrà fare riscontro un ascolto profondo e libero da parte della Chiesa Diocesana, in modo particolare da parte del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale della nostra Diocesi. Sull’ossatura di temi e titoli proposti dal Vescovo sta a questi Consigli di fare un primo discernimento e cominciare a porre su tale ossatura “i muscoli e la carne”, che dovranno sostenere tutto il nostro lavoro pastorale.

Una pastorale guidata dai tre Centri Pastorali.

Seguendo le indicazioni del Sinodo Diocesano, senza voler mettere in secondo piano nessun ufficio e nessuna tematica, ho tuttavia sentito il bisogno di ricentrare il nostro modo di lavorare attorno a tre Centri Pastorali, sia tematici che operativi: quello Caritativo, quello Catechetico e quello Liturgico. In questo anno (2015-16) i tre centri pastorali hanno cominciato a lavorare assieme, nella convinzione di essere lo spazio in cui si coordina e sempre più si dovrebbe coordinare l’azione di tutti gli altri Uffici Pastorali.

Questo modo di lavorare certo non si improvvisa e richiede tempo ed esperienza sul campo. Per questo mi sembra saggio e metodologicamente corretto proporre alla nostra Chiesa Diocesana un percorso triennale, nel quale si metta a tema: Come possiamo vivere quella “Conversione Personale e Pastorale” che Papa Francesco ci chiede attraverso l’EG, ed il discorso di Firenze, nei tre ambiti di coordinamento appena indicati?

Secondo lo stile del Convegno di Firenze.

Dal discorso del Papa a Firenze rilancio i tre sentimenti caratterizzanti del cristiano: Umiltà, Disinteresse e Beatitudine, che concretizzerei in tre tratti dello stile della nostra azione, cioè progettare ed agire con uno stile Semplice, Gratuito, Positivo.

Umiltà rimanda ad humus, alla concretezza della terra ed al camminare a piccoli passi, tenendo i piedi per terra, ricordando che “la realtà è più importante dell’idea” (EG 231-233).

 

Il Disinteresse è la modalità di vivere concretamente la povertà evangelica. Non si può operare efficacemente senza mezzi e senza confrontarsi con le strutture ed il denaro, ma questi devono restare sempre dei mezzi e mai diventare dei fini. Valorizzare l’impegno gratuito ed educare al volontariato ad ogni livello, caratterizzano oggi lo stile della povertà evangelica, molto più che vivere mendicando. “Il tempo è superiore allo spazio” (EG 221-225), significa vivere la disponibilità e fedeltà all’impegno gratuito, piuttosto che la ricerca del possesso di luoghi, mezzi economici, controllo delle persone.

Lo spirito evangelico delle Beatitudini guarda sempre al futuro con speranza e costruisce perciò relazioni e realizzazioni con stile positivo, puntando sempre al bene, senza perdere tempo nella denuncia sterile o nel giudizio che immobilizza, ma cercando di progredire insieme a partire da ciò che unisce, “l’unità prevale sul conflitto” (EG 226-230).

Temi del programma del prossimo anno pastorale.

Per questo nell’anno che ci sta davanti ci chiederemo, cercando risposte concrete: quale tipo di conversione pastorale ci viene richiesta nell’Ambito Caritativo? Come far crescere tutta l’organizzazione e l’attività caritativa diocesana in uno stile più Umile, Disinteressato e Beato?

Nel secondo anno la domanda si concentrerà sull’Ambito della Catechesi.

Per chiudersi nel terzo anno con una particolare attenzione all’Ambito della Liturgia.

Come ho già scritto, nel definire il cuore di questi tre ambiti il percorso non è casuale, perché ci chiede di interrogarci: come la Chiesa ama, poi crede ed infine spera? Non si tratta di suddividere queste tre tematiche, che sono necessariamente sempre interconnesse, ma di porle in sequenza a partire dall’esperienza della vita, nella tensione verso Dio e verso il futuro.

La Visita Pastorale.

Siccome questo percorso ci porterà al compimento del mio quinto anno di episcopato tra di voi, e la legge e la sapienza della Chiesa stabilisce come un dovere fondamentale del ministero episcopale di compiere entro il quinto anno una prima visita pastorale della diocesi, entro il cammino appena tracciato è mia intenzione di preparare, effettuare ed infine valutare nelle sue conclusioni, una Visita Pastorale Diocesana ben fatta.

Meglio dare inizio a percorsi che celebrare eventi.

Comprendo bene che si tratta di un programma ambizioso, ma sono anche cosciente e realista del fatto che: siccome il Programma Pastorale non deve cancellare, ma integrarsi nel continuum normale della vita ordinaria della pastorale, non ci si potrà aspettare da ogni tappa del Programma Pastorale se non piccoli passi, concreti e condivisi da tutti, in riferimento al tema scelto. Passi che in riferimento al tema riguardino il nostro modo di pensare, di operare concretamente e di organizzarci come Chiesa.

Ogni anno dovrà quindi portare a fare scelte ad esempio riguardo al nostro modo di pensare la Carità, di fare azione caritativa ed anche di organizzare il servizio Diocesano e Parrocchiale, o meglio di Unità Pastorale, della Caritas. Come ho già più volte detto, preferisco dare inizio a percorsi, piuttosto che celebrare eventi. Così come desidero realizzare cose piccole, ma condivise e diffuse su tutto il territorio diocesano, piuttosto che grandi realtà visibili e significative, ma circoscritte in poche parrocchie, o destinate a poche persone.

Nelle Unità Pastorali.

Poiché un nuovo cammino non deve cancellare i passi positivi fatti in precedenza, questa proposta di programmazione pastorale, non deve cancellare il progetto delle Unità Pastorali, ma integrarsi offrendoci occasioni e modalità nuove per portarlo ulteriormente avanti.

Chiedo perciò a tutti, nel cominciare ad elaborare una programmazione, di tenere presente questo nuovo modo introdotto dalle Unità Pastorali, di pensarci come Chiesa Diocesana presente sul territorio, in vista di una sinergia sempre più forte tra le nostre parrocchie.

Una Chiesa tutta ministeriale.

La seconda indicazione di stile, che ho cercato di proporre fin dall’inizio del mio ministero tra voi, e che vorrei potesse progredire in maniera decisa, è continuare a lavorare per far crescere nella nostra Chiesa Diocesana il protagonismo pastorale dei laici. Sempre secondo le indicazioni del nostro Sinodo Diocesano (167-177) ritengo indispensabile continuare a lavorare verso una Chiesa Diocesana tutta ministeriale, che superi lo schema clericale, ironico ma realistico, della Parrocchia come “Supermarket del prete”, a cui i laici si rivolgono come “clienti” per acquistare “prodotti e servizi di devozione”. Dobbiamo invece sentire sempre di più la nostra Chiesa come una “impresa comunitaria a responsabilità non limitata” in cui tutti, ciascuno per la sua parte e per la sua competenza, ci mettiamo a servizio per produrre “la salvezza del mondo”, quel vero “Progresso dei popoli” di cui parlava Paolo VI, che coinvolge sia l’ambito materiale che quello spirituale.

Questa Chiesa tutta Ministeriale, un progetto pastorale decennale della CEI nato alla fine degli anni ’70 ed ancora “tutto nuovo”, pretende di recuperare in tutta la loro dignità i ministeri laicali di fatto, come anche i ministeri laicali istituiti del Lettorato e dell’Accolitato, sganciandoli da una loro comprensione semplicistica di gradini in vista del diaconato e del presbiterato.

Ripensare e rilanciare la presenza dei Diaconi permanenti, così come quella di Ministri Laici ordinari e straordinari, anche disposti a fare della nostra Diocesi un ambiente di sperimentazione pastorale a servizio di tutta la Chiesa Italiana, è forse un sogno, ma quando si inizia a programmare bisogna anche sognare un po’.

Che la Mater Misericordiae ci guidi.                                                                   +Nazzareno

 

condividi su